Da comunità virtuali a comunità pensanti: nell’oceano dei big data, l’importante è non smarrirsi.

L’oceano dei big data – in questo caso i contenuti pubblicati su web, social e press intorno al concetto di “comunità” – appare in questi ultimi tempi a tratti burrascoso. Primeggiano – per quantità di menzioni e viralità – nell’ordine la comunità internazionale, le comunità energetiche e la comunità europea.

Tra paure e sogni, distruzione e transizione, bombe e diritti umani, le emozioni negative nelle ultime settimane si impongono su quelle positive. Nel caso della comunità internazionale, il sentiment negativo raggiunge quasi il 90% dei contenuti tra i quali, ovviamente, primeggiano la guerra in Ucraina, il rischio nucleare e il referendum farsa (vedi immagine 1 – Top Themes sulle “comunità” più menzionate). Anche la comunità europea – tra diplomazia, covid e crisi energetica – alle prese con il sentiment non sta troppo bene: il 53,7% dei contenuti che la riguardano sono catalogati come negativi (vedi Immagine 2 – Sentiment). Se la cavano molto meglio le comunità energetiche che, tra fonti rinnovabili ed economia circolare, sono citate all’interno di articoli, news o post sui social, contenenti commenti, opinioni o osservazioni più incoraggianti.

Immagine 1 – Gli argomenti più citati in relazione ai contenuti riguardanti la comunità internazionale (blu), la comunità europea (fucsia), le comunità energetiche (verde).

Immagine 2 – La distribuzione del sentiment (negativo in rosso e positivo in verde) sulle tre tematiche.

Tra i fattori di attenzione, risulta anche un minore interesse rispetto alle “comunità virtuali” – oggetto di approfondimento dei mesi passati con una discreta considerazione su ogni tipo di media – oggi, almeno in Italia e in italiano, ricoprono davvero uno spazio minimale della comunicazione intorno al tema delle comunità. In contraddizione rispetto all’estero, dove le “virtual communities” mantengono un loro peso e anche un loro afflato di futuro se messe in relazione con metaverso e intelligenza artificiale (oggi davvero al centro dell’attenzione, vedi immagine 3).

Immagine 3 – Wordcloud in lingua inglese su virtual communities, metaverse e artificial intelligence.

Quando la confusione è tanta e la corrente marina è forte, è grazie ai segnali deboli che possiamo ritrovare la nostra rotta. Si chiamano deboli perché sono emanati a “più basso volume”, non riempiono le piazze (né reali né virtuali), si tratta di scambi in apparenza minori o secondari. È proprio inseguendo uno di questi  che scopriamo le “comunità pensanti”, un esercizio di cittadinanza attiva, che ci porta ancora un po’ più avanti nel nostro viaggio – guarda un po’ il divertimento – a parlare di buon cibo e di buona scuola.

A tavola ci porta Carlin Petrini che ha appena pubblicato “Il chilometro consapevole”. “La consapevolezza – spiega Petrini – è un potente esercizio di cittadinanza attiva e di emancipazione. Essere consapevoli permette di andare oltre a indicatori di qualità “oggettivi”, come possono essere il biologico, il chilometro zero, le denominazioni di origine. Essere consapevoli consente di creare una scala di valori che vanno a definire ciò che per ognuno di noi è un cibo buono, pulito e giusto: un cibo veramente di qualità”. Sulle prospettive future, per Petrini “l’importante sarà non smarrirsi nell’innovazione, e per evitarlo, parafrasando un proverbio africano, dovremo sempre ricordarci da dove siamo venuti, quali siano le nostre radici e le nostre tradizioni”.

Quale luogo ideale, se non la scuola, per ragionare di radici e identità? La scuola è, per antonomasia, “comunità”. Luogo dove le persone crescono, definiscono la loro identità – individuale e collettiva, mettono radici. Oggi, in Italia, circa il 10% della popolazione scolastica è di origine straniera, ci ha ricordato qualche settimana fa Sergio Mattarella nel discorso di inaugurazione dell’anno scolastico. “Dagli insegnamenti e dall’accoglienza che riceveranno a scuola dipenderà largamente la qualità della loro integrazione nel tessuto sociale” ha detto il nostro Presidente che aggiunge “integrare vuol dire fare delle differenze una reciproca ricchezza”.

A scuola ci porta anche l’architetto Boeri che ha presentato di recente il primo prototipo di “aula del futuro”, uno spazio multifunzionale, sicuro, tecnologico ed ecosostenibile. “L’aula del futuro è un’aula a geometria variabile, pensata per poter ospitare non solo diversi formati di insegnamento ma anche diverse attività di laboratorio e ludiche, dalla danza allo sport, dalla musica ai lavori di gruppo”. Nella scuola di Boeri, gli arredi sono pensati in modo tale da essere totalmente accorpati all’interno degli armadi, capaci di ‘assorbire’ sedie, banchi e cattedra. Insomma, uno spazio dinamico che cambia in base all’uso e dove le variazioni possono essere gestite direttamente dagli studenti e dagli insegnanti.

Scuola del futuro, comunità virtuali, comunità pensanti, comunità attive: un bel pensiero, un bel progetto, una buona rotta per terre di conoscenza ancora da scoprire e per comunità fluide ancora da immaginare. Già un metaverso per alcuni.

Questo articolo è stato pubblicato sul blog 6MEMES di MapsGroup.