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Strategie di marketing e comunicazione.
Piani di comunicazione, piani di marketing, strategie web e social, ricerche di mercato e sentiment analysis, attività di coaching e affiancamento, realizzazione di focus group, tecniche di gestione della comunicazione interna, reti di vendita, formazione, strumenti e programmi di relazioni pubbliche.

Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE

Da comunità virtuali a comunità pensanti: nell’oceano dei big data, l’importante è non smarrirsi.

L’oceano dei big data – in questo caso i contenuti pubblicati su web, social e press intorno al concetto di “comunità” – appare in questi ultimi tempi a tratti burrascoso. Primeggiano – per quantità di menzioni e viralità – nell’ordine la comunità internazionale, le comunità energetiche e la comunità europea.

Tra paure e sogni, distruzione e transizione, bombe e diritti umani, le emozioni negative nelle ultime settimane si impongono su quelle positive. Nel caso della comunità internazionale, il sentiment negativo raggiunge quasi il 90% dei contenuti tra i quali, ovviamente, primeggiano la guerra in Ucraina, il rischio nucleare e il referendum farsa (vedi immagine 1 – Top Themes sulle “comunità” più menzionate). Anche la comunità europea – tra diplomazia, covid e crisi energetica – alle prese con il sentiment non sta troppo bene: il 53,7% dei contenuti che la riguardano sono catalogati come negativi (vedi Immagine 2 – Sentiment). Se la cavano molto meglio le comunità energetiche che, tra fonti rinnovabili ed economia circolare, sono citate all’interno di articoli, news o post sui social, contenenti commenti, opinioni o osservazioni più incoraggianti.

Immagine 1 – Gli argomenti più citati in relazione ai contenuti riguardanti la comunità internazionale (blu), la comunità europea (fucsia), le comunità energetiche (verde).

Immagine 2 – La distribuzione del sentiment (negativo in rosso e positivo in verde) sulle tre tematiche.

Tra i fattori di attenzione, risulta anche un minore interesse rispetto alle “comunità virtuali” – oggetto di approfondimento dei mesi passati con una discreta considerazione su ogni tipo di media – oggi, almeno in Italia e in italiano, ricoprono davvero uno spazio minimale della comunicazione intorno al tema delle comunità. In contraddizione rispetto all’estero, dove le “virtual communities” mantengono un loro peso e anche un loro afflato di futuro se messe in relazione con metaverso e intelligenza artificiale (oggi davvero al centro dell’attenzione, vedi immagine 3).

Immagine 3 – Wordcloud in lingua inglese su virtual communities, metaverse e artificial intelligence.

Quando la confusione è tanta e la corrente marina è forte, è grazie ai segnali deboli che possiamo ritrovare la nostra rotta. Si chiamano deboli perché sono emanati a “più basso volume”, non riempiono le piazze (né reali né virtuali), si tratta di scambi in apparenza minori o secondari. È proprio inseguendo uno di questi  che scopriamo le “comunità pensanti”, un esercizio di cittadinanza attiva, che ci porta ancora un po’ più avanti nel nostro viaggio – guarda un po’ il divertimento – a parlare di buon cibo e di buona scuola.

A tavola ci porta Carlin Petrini che ha appena pubblicato “Il chilometro consapevole”. “La consapevolezza – spiega Petrini – è un potente esercizio di cittadinanza attiva e di emancipazione. Essere consapevoli permette di andare oltre a indicatori di qualità “oggettivi”, come possono essere il biologico, il chilometro zero, le denominazioni di origine. Essere consapevoli consente di creare una scala di valori che vanno a definire ciò che per ognuno di noi è un cibo buono, pulito e giusto: un cibo veramente di qualità”. Sulle prospettive future, per Petrini “l’importante sarà non smarrirsi nell’innovazione, e per evitarlo, parafrasando un proverbio africano, dovremo sempre ricordarci da dove siamo venuti, quali siano le nostre radici e le nostre tradizioni”.

Quale luogo ideale, se non la scuola, per ragionare di radici e identità? La scuola è, per antonomasia, “comunità”. Luogo dove le persone crescono, definiscono la loro identità – individuale e collettiva, mettono radici. Oggi, in Italia, circa il 10% della popolazione scolastica è di origine straniera, ci ha ricordato qualche settimana fa Sergio Mattarella nel discorso di inaugurazione dell’anno scolastico. “Dagli insegnamenti e dall’accoglienza che riceveranno a scuola dipenderà largamente la qualità della loro integrazione nel tessuto sociale” ha detto il nostro Presidente che aggiunge “integrare vuol dire fare delle differenze una reciproca ricchezza”.

A scuola ci porta anche l’architetto Boeri che ha presentato di recente il primo prototipo di “aula del futuro”, uno spazio multifunzionale, sicuro, tecnologico ed ecosostenibile. “L’aula del futuro è un’aula a geometria variabile, pensata per poter ospitare non solo diversi formati di insegnamento ma anche diverse attività di laboratorio e ludiche, dalla danza allo sport, dalla musica ai lavori di gruppo”. Nella scuola di Boeri, gli arredi sono pensati in modo tale da essere totalmente accorpati all’interno degli armadi, capaci di ‘assorbire’ sedie, banchi e cattedra. Insomma, uno spazio dinamico che cambia in base all’uso e dove le variazioni possono essere gestite direttamente dagli studenti e dagli insegnanti.

Scuola del futuro, comunità virtuali, comunità pensanti, comunità attive: un bel pensiero, un bel progetto, una buona rotta per terre di conoscenza ancora da scoprire e per comunità fluide ancora da immaginare. Già un metaverso per alcuni.

Questo articolo è stato pubblicato sul blog 6MEMES di MapsGroup.

21 Novembre 2022/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2022/11/6MEME_Words4.png 512 925 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2022-11-21 16:07:072022-11-30 11:47:19Da comunità virtuali a comunità pensanti: nell’oceano dei big data, l’importante è non smarrirsi.
Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE, Senza categoria

Collective care: quanti modi per darsi reciprocamente una mano

Nel mare dei big data della comunicazione – in una sovrabbondanza di contenuti tra web, social e press – cerchiamo un’isola dove approdare. È così che ha preso forma questa ricerca – sempre intorno al concetto di comunità – che oggi si interroga intorno alle “comunità di cura”. E come spesso capita quando si è in viaggio, lo stupore di ciò che si trova supera di gran lunga la curiosità di quando si era partiti. Dal Brasile alla Valchiusella, dalla cultura alla culla, il mondo intero si manifesta con intelligenza, con bellezza, con crudezza.

Con “comunità di cura” si intende – in estrema sintesi – la capacità di prendersi cura degli altri e di darsi reciprocamente una mano. Emergono, con questa espressione, pochi contenuti – in termini quantitativi e a confronto con le “comunità” trattate nei precedenti articoli – ma piuttosto d’impatto. Riflessioni che aprono delle strade dalle quali poi difficilmente si riesce a tornare indietro.

Dall’America Latina, il reportage più crudo. Una riflessione collettiva in quattro parti dal titolo “Masterclass della fine del mondo”. Riguarda gli ultimi anni, in Brasile. Sono gli anni di Bolsonaro e quelli della pandemia. Le parole “inferno”, “collasso”, “fine del mondo” si susseguono. Ogni tre righe una pugnalata al cuore. Fortunatamente il susseguirsi di espressioni come “cura”, “comunità” e “aiuto reciproco” offre quella boccata di ossigeno per continuare a leggere di una catastrofe sociale arginata proprio grazie alle reti, quelle dei familiari, degli amici e dei volontari.

In questo mare di notizie in tempesta, ci lancia un salvagente la Gran Bretagna, dove il collettivo inglese The Care Collective ha teorizzato e pubblicato il “Manifesto della cura. Per una politica dell’interdipendenza” (in Italia edito da Alegre) che cerca di dare una risposta alla domanda: come possiamo dare vita a sistemi in cui l’interdipendenza degli uni dagli altri sia finalmente riconosciuta, in forme solidali e paritarie? Il manifesto individua quattro cardini fondamentali per dare vita a comunità di cura: il mutuo soccorso, lo spazio pubblico, la condivisione di risorse e la democrazia di prossimità. “Una «cura promiscua», che non discrimina nessuno ed è fuori dalle logiche di mercato. L’obiettivo è arrivare a un vero e proprio «stato di cura» che non solo crea infrastrutture di welfare «dalla culla alla tomba» ma genera una nuova idea di democrazia orientata ai bisogni collettivi. Dimostrando che la cura è il concetto e la pratica più radicale che abbiamo oggi a disposizione”.

Anche l’Italia, in questo viaggio tra web e social intorno alle “comunità di cura”, si distingue – in queste ultime settimane – con contenuti illuminanti da un lato e rincuoranti dall’altro, in particolare ne segnaliamo tre.

Il primo ci porta in Valchiusella, in provincia di Torino, dove sarà attivata la seconda comunità rurale dementia friendly in Italia. Le comunità dementia friendly sono comunità urbane “amichevoli” con i propri concittadini affetti da demenza. Situazioni molto diffuse a livello internazionale oggi contano anche numerose esperienze in Italia. Il punto è affrontare la demenza, da un lato, attraverso percorsi di diagnosi precoce e, dall’altro, grazie alla comunità che diventa un vero e proprio strumento di cura, accoglienza e inclusione.

La “Sentinella del Canavese” racconta così l’esperienza: “C’è una valle, la Valchiusella, che viene utilizzata come una comunità educante, un luogo dove si incontrano, confrontano e approfondiscono temi studenti e ricercatori di vari profili disciplinari, e c’è una comunità di cura che si attiva e ravviva grazie alla rete sociale e al ruolo attivo della popolazione nel prendere in carico il proprio diritto- dovere al benessere”.

Immagine 1 – Valchiusella, Cima Bossola, foto tratta da https://visitcanavese.it

Il secondo vede come protagoniste due realtà che si occupano della cura e dell’educazione di bambini e ragazzi, tra le più importanti ed attive in Italia. Una è “Save the children” che offre una definizione incantevole di “comunità di cura”: “la comunità di cura è il luogo ideale in cui la «culla sociale» prende forma. La comunità di cura può essere considerata come uno spazio fisico, di relazione, di servizi e di informazioni, dove i genitori con i loro bambini possono muoversi nel modo più semplice e agevole”. L’altra è la Fondazione “Con i bambini” – fondo nazionale per il contrasto alla povertà educativa – che dedica specifici progetti alla “cura dei legami, quelli che spezzano la solitudine, che aprono le porte, che riaccendono le speranze, i talenti ed i sogni”.

Infine, il nostro viaggio ci porta a Roma in occasione di “E.P.ART Festival – Innescare musei per curare territori”, un progetto promosso da “Ecomuseo Casilino” che nasce per dare vita a processi di musealizzazione diffusa nella periferia est di Roma attraverso la realizzazione di opere di street art. In pratica, insieme ai membri dell’Ecomuseo Casilino, le comunità – coinvolte attraverso call pubbliche e formate da associazioni, imprese e singoli cittadini – costituiscono dei “comitati di cura” per scegliere insieme le location, i temi e gli artisti che eseguono le opere.

Qui sotto l’immagine del primo murale realizzato a Centocelle, per approfondire a questo link si può navigare e “toccare con mano” la bellezza, la comunità, la cura.

Immagine 2 – nella foto il primo murale realizzato a Centocelle

Questo articolo è uscito il 5 agosto 2022 sul blog di Maps Group.

30 Agosto 2022/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2022/08/Maps_Collective-Care.jpg 610 920 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2022-08-30 14:28:402022-08-30 15:00:17Collective care: quanti modi per darsi reciprocamente una mano
Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE

Il marketing del pesto è una partita a bocce

Il IX Campionato Mondiale di Pesto Genovese al Mortaio si è concluso e la prossima volta, nel 2024, sarà la decima edizione. Creato nel 2007 dall’Associazione Culturale Palatifini che riunisce esperti di cultura e qualità dell’alimentazione, di marketing del territorio e di comunicazione, e sostenuto da subito dalla Camera di Commercio, in pochi anni il Campionato con le sue attività collaterali si è affermato come uno dei fattori di comunicazione strategica del territorio.  Dati e studi sull’argomento, l’ultimo due anni fa dell’Università di Basilea, testimoniano che, “giocando” con il Pesto, il Campionato del Mondo ha contribuito molto alla visibilità del settore agroalimentare ligure e del turismo ad esso collegato, eccellenze che solo una quindicina di anni fa non avevano narrazione oltre i confini della regione.

 

QUANTO VALE LA COMUNICAZIONE DEL PESTO

Nel periodo che gira intorno alla data dell’ultimo Campionato (15 maggio – 30 giugno) nel mondo si è parlato di Pesto Genovese e/o al basilico e/o alla ligure, 10.021 volte (una media di 223 al giorno con la punta di 1.334 clip nei giorni clou della finale (articoli, servizi radiotelevisivi, news, blog, messaggi social, eccetera). Per il 37% si è trattato di News e Blog, 49% Social, 14% tutto il resto della comunicazione online e offline.

Calcolato attraverso l’analisi di big data dei singoli messaggi, l’engagement diretto generato da questa comunicazione ha superato quota 222.000 (dati Monitoring Emotion*).

Figura 1 – Capacità di engagement Campionato del Pesto 2022 (fonti Monitoring Emotion)

 

ESPANSIONE INTERNAZIONALE DEL MERCATO

Nell’ultimo mese, le comunicazioni intorno al Pesto sono state pubblicate negli Stati Uniti e Canada per il 62,9%, in Italia per il 16,3%, nel resto d’Europa per il 15,6% (di cui 4,6% in  Gran Bretagna) e il resto del mondo al 5,2%. L’analisi è stata fatta solo sulle principali lingue internazionali, ma è significativo come l’intero continente europeo, Italia compresa, non raggiunga la metà dell’interesse di quello Nord-Americano, uno stimolo in più per guardare con attenzione ai mercati a noi prossimi.

Per scelta metodologica non sono stati presi in considerazione messaggi o articoli nei quali il pesto non venga qualificato come “genovese” o “al basilico”, quindi i dati qui indicati sono “per difetto” perché in molti casi, soprattutto nei social e in Italia, la familiarità con l’alimento dà per scontato che usare la parola “Pesto” equivalga ad intendere “Pesto Genovese”.

Indagini degli scorsi anni sulla comunicazione globale degli alimenti, in particolare le salse, hanno collocato il Pesto al top della comunicazione del Made in Italy per i prodotti alimentari. Il Pesto è dunque un valido strumento di penetrazione anche per altri prodotti agroalimentari e per il turismo di qualità (uno studio della World Food Travel Association sostiene che il 69% dei turisti consideri l’enogastronomia un fattore basilare nella scelta delle destinazioni).

Figura 2 – Distribuzione territoriale contenuti riguardanti il Pesto (genovese e/o con basilico) (fonti Monitoring Emotion)

 

I GIORNI DI CAMPIONATO

I contenuti più importanti per quantità ed engagement che riguardano il pesto genovese nei giorni clou del campionato (1600 clip e 100.000 interlocutori in 4 giorni), sono due: il lancio di MacDonald di un nuovo panino con filetto di pollo e pesto al basilico e il Campionato del Mondo con le sue attività collaterali, in particolare il Robot Twin dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova che ha fatto il pesto durante la finale.

La nuova offerta di MacDonald, casualmente promossa negli stessi giorni del campionato, indica con chiarezza il livello di contaminazione tra il Pesto la cucina internazionale (la nostra salsa fredda più usata per condire la pasta conquista sempre più nuove occasioni di consumo). A leggere il tripudio di emoticon scambiato nei messaggi, sta diventando ormai consueto l’apprezzamento del pesto sulla pizza ed è in evoluzione, e sempre più gourmet, l’accompagnamento con la carne e con il pesce.

Il Campionato consente – in due giorni densi di eventi e in tante micro-occasioni nazionali e internazionali fra una finale e l’altra – di focalizzare l’attenzione sul Pesto Genovese promuovendo in modo innovativo l’offerta ligure. Le strategie di mercato e promozione internazionale possibili nei prossimi anni possono essere immaginate come una partita a bocce da vincere contro le contraffazioni e la concorrenza non qualificata, con il Campionato a tirare il pallino.

(*) Monitoring Emotion è il sistema di ricerca utilizzato che si basa su competenze professionali specializzate e tecnologie di analisi dei big data in grado di selezionare centinaia di migliaia di clip (unità informative quali articoli, news, servizi radio/TV, blog, giornali e magazine digitalizzati, post Facebook, Instagram, Twitter, altri social nei diversi paesi, video Youtube e altre fonti ancora). Monitoring Emotion è basato su un motore semantico in grado di interpretare il contenuto delle informazioni annullando il rumore di fondo indistinto che copre tutti i contenuti interessanti diluendoli in un mare di informazioni dispersive e inutilizzabili. Partendo da grafici e elaborazioni statistiche (quanta informazione, quale e da chi) il sistema consente di arrivare se necessario alla singola clip e a chi la emessa connettendo le analisi con la realtà e l’azione di comunicazione operativa.

 

18 Luglio 2022/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2022/07/Foto_Pesto_Blog1.jpg 640 640 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2022-07-18 13:18:212022-07-19 12:34:16Il marketing del pesto è una partita a bocce
Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE

Comunità che ci sorprendono, comunità che ci spaventano

Navighiamo tra i big data della comunicazione e selezioniamo i contenuti di maggiore impatto e quelli più virali intorno al tema delle comunità, in particolare quelle virtuali. Oggi le virtual communities dilagano, rimbombano, ci aiutano, ci spiazzano.

Il mondo anglosassone – in queste ultime settimane – ci porta davvero lontano, tra metaverso e “token non fungibili”, la fantascienza diventa realtà. Giusto due esempi per rendere più concreto il concetto. Il primo lo pubblica Fox Business che – intervistando Larry Cheng, managing partner di Volition Capital, una società di capitale con sede a Boston – ci svela che il valore totale di tutte le vendite NFT (appunto “Non Fungible Token”) che hanno avuto luogo nel 2021 è stato di 23 miliardi di dollari. Nel 2020 non avevano raggiunto i 100 milioni di dollari, un’espansione – a dir poco – impressionante.

La seconda ce la offre McDonald che ha depositato una domanda di marchio per un ristorante virtuale fast-food, saltando così sul carro del metaverso.  Il colosso del fast-food intende creare ristoranti virtuali con beni sia reali che virtuali. In pratica, saremo stimolati ad andare al ristorante online – probabilmente dotati ciascuno del proprio avatar – dove potremo consumare sia beni virtuali che reali, con consegna a domicilio.

Su Forbes, Carlos Melendez – membro del Forbes Technology Council – sostiene che “il metaverso è pronto a diventare la prossima grande pietra miliare nell’evoluzione di internet che cambierà il modo in cui lavorano le imprese private e pubbliche. E, come con molte rivoluzioni tecnologiche come il telefono cellulare o il mobile computing, sarà guidato dal consumatore, alla ricerca della stessa esperienza digitale al lavoro che sperimenta a casa”.

Ecco, nel frattempo, cosa sta già succedendo: Amazon lavora all’e-commerce virtuale, un grande centro commerciale digitale dove passeggiare online con i nostri corpi digitali (in Italia li realizza, ad esempio, Igoodi – società specializzata nella creazione di avatar 3D di persone esclusivamente reali), dove chiedere informazioni sui prodotti da acquistare e dove, eventualmente, visitare anche una galleria d’arte virtuale.

Immagine 1 / dal sito di Igoodi.eu

Sulla combinazione tra arte, metaverso e “non fungible token”, si gioca buona parte della comunicazione sulle comunità virtuali anche in Italia, in questi primi mesi dell’anno. Economyup.it ha recentemente pubblicato una selezione di “startup del metaverso italiane e internazionali da tenere d’occhio nel 2022” dove segnalano come in anche in Italia si contino già diversi progetti sul metaverso e che utilizzano la tecnologia della blockchain e degli NFT per offrire esperienze uniche agli utenti.

Ma cosa sono esattamente gli NFT? Ce lo spiega il magazine Esquire che in un articolo di qualche settimana fa li definisce come “certificati di autenticità che rendono ciò cui sono applicati, cioè contenuti digitali intangibili, qualcosa di unico e non intercambiabile. Questi certificati vengono creati tramite la tecnologia blockchain, cioè una struttura di dati che si basa sulla condivisione e l’immutabilità: in sostanza è un registro digitale all’interno del quale le voci sono registrate a blocchi collegati in ordine cronologico, in cui una crittografia garantisce l’integrità del sistema”.

Applicati all’arte – ad esempio – certificano l’unicità e l’originalità di un’opera. Gli artisti che si sono lanciati in questo mondo virtuale sono sempre di più, anche in Italia. Alla fine del 2021, ha generato molto dibattito sul tema la nascita di ItaliaNFT, la prima piattaforma italiana di vendita di NFT dedicata al mondo dell’Arte e delle eccellenze Made in Italy.

L’immagine qui sotto riporta una sezione del loro marketplace con alcune opere in mostra.

Immagine 2 / dal sito italianft.art/marketplace

Ma in Italia il dibattito sulle comunità virtuali in questi ultimi mesi non si “limita” al mondo del metaverso, tra i temi più trattati e commentati c’è anche quello dei diritti collegati al nostro utilizzo di internet. Una recente intervista pubblicata da DITM “Diritto Mercato Tecnologia” al professor Raffaele Torino, ordinario di Diritto Privato Comparato presso l’Università degli Studi Roma Tre e responsabile della rivista on-line ‘Rivista di Diritti Comparati’, sottolinea alcuni concetti a cui prestare attenzione, qui ne riportiamo giusto due.

Innanzitutto, la forma della relazione tra noi e le piattaforme social: “le grandi piattaforme social network – sostiene il professor Torino – formalmente si pongono come un privato (che presta un servizio) di fronte ad un altro – in teoria “uguale” – privato (che utilizza il servizio). Ma, in ragione della centralità che hanno acquisito nella vita di centinaia di milioni di individui e della dipendenza che si è creata in ciascuno di noi rispetto a questa “vita online” (l’onlife di Luciano Floridi), esse esercitano su tutti coloro che creano la comunità virtuale che “vive” sulla piattaforma e vi “appartengono” (spesso credendo di poter influire sulle regole della comunità) un potere pressoché illimitato (di accesso, di regolazione della convivenza, di messa al bando)”.

In secondo luogo, la nostra capacità di scelta. Nessuno ci impone di far parte di un social network o di una comunità virtuale. Ma il fatto che le grandi piattaforme social network abbiano centinaia di milioni di partecipanti, le rende degli spazi pubblici? Con tutte le conseguenze in termini di accesso, condotte, attività? Il dibattito su questo tema ci poterebbe alquanto lontano. Chi desidera approfondire trova l’intera intervista a questo link.

In chiusura, un ultimo – ma non per questo meno rilevante – momento di attenzione: le uscite sul web e sui social delle ultime settimane in Italia relativamente alle comunità virtuali mostrano anche un lato oscuro dei nostri comportamenti digitali. Sono state infatti pubblicate, condivise e commentate, numerose notizie su attacchi di cyberbullismo, casi di pedopornografia digitale e produzione di contenuti digitali lesivi o diseducativi per bambini e ragazzi. Alcuni degli autori la definiscono una vera e propria “pandemia sul web”. È terribile che il concetto di “comunità” possa essere affiancato a questo tipo di comportamenti. Qui non si tratta di comunità ma di criminalità. Teniamo le antenne accese.

#noallaviolenza #nomasabusos #stopviolence

Questo articolo è stato pubblicato sul blo 6Memes del Gruppo Maps, qui la pubblicazione originale.

19 Maggio 2022/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2022/05/Blog_Maps_maggio2022.png 570 921 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2022-05-19 17:06:392022-05-19 17:19:48Comunità che ci sorprendono, comunità che ci spaventano
Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE

Il Papa, il metaverso e Wuhan: connessioni iperboliche intorno al concetto di comunità

La cura e lo scambio dei dati – intesi come informazioni, conoscenza, valori – sono tra i fattori fondativi e distintivi nella costruzione e crescita di comunità. Questo è il tema portante del viaggio di quest’anno attraverso web, social e press. Proveremo a monitorare tre tipologie di comunità e a vedere cosa emerge, cosa impazza, cosa diventa trendy nel nostro infinito navigare digitale.

La prima comunità che toccheremo sarà quella “virtuale”, mondi che si incontrano grazie a tecnologia e connessioni, nuovi nomadi e nuovi stili di vita. Opzioni diverse per costruire il futuro (o per rappresentarlo). La seconda comunità di cui cercheremo i segnali e verificheremo gli effetti (in ambito comunicazione) sarà quella “scientifica”, così coinvolta, impegnata e – di conseguenza – citata, in questi anni di pandemia. Per sua stessa natura, è innovativa, internazionale, fluida. Infine, andremo ad osservare cosa succede alle comunità “ad alto impatto sociale”, come le comunità educanti, le comunità dedicate alla cura delle persone e degli spazi comuni. Così attente (e insostituibili) nella costruzione di inclusione e democrazia.

Ad un primo colpo d’occhio – one shot su web e social in queste ultime settimane – lo spaccato appare particolarmente interessante. Le comunità per la ricerca scientifica occupano l’84,5% della comunicazione a discapito di quelle educanti (13,9%) e di quelle virtuali (1,6%), come si può vedere nell’immagine 1.

Immagine 1 / Share of voice, mese di marzo 2022.

Da questa prima navigazione, curiosando nel mondo delle comunità “virtuali”, oltre a vari gruppi di fan e appassionati (al primo posto in assoluto gli ammiratori dell’attore Can Yaman, in questi giorni impegnato nelle riprese di una serie TV), emerge un acceso dibattito intorno al “sistema Facebook”. Da un lato, una sentenza della Corte di Cassazione del 9 febbraio 2022, ha affermato che “assumono valore indiziante rispetto alla commissione di un reato anche le forme di gradimento espresse attraverso il like sul social network Facebook” (vedi Altalex.com, “Social network, il like su post antisemiti è grave indizio di istigazione all’odio razziale” del 18 febbraio), dall’altro, aumenta la curiosità intorno al “metaverso”. Questo termine, coniato da Neal Stephenson in Snow Crash, libro di fantascienza cyberpunk pubblicato nel 1992, indica una realtà – distaccata rispetto al mondo reale – accessibile attraverso il proprio avatar (corpo digitale) grazie ad internet. Secondo Zuckerberg, il creatore di Facebook, basta avere un browser a cui connettersi, scegliere la comunità virtuale a cui accedere e poi indossare i suoi “occhiali speciali”.

E sono, senza dubbio, “occhi speciali” quelli con i quali la comunità scientifica ha osservato il mondo e lavorato in questi ultimi due anni. È la comunità più citata e menzionata, per ovvie ragioni. I “top themes” che emergono intorno ad essa (vedi Immagine 2) ne rilevano l’importanza e l’attenzione. Ovviamente è tutto incentrato sul Covid-19.

Immagine 2 / Wordcloud “comunità scientifica”.

Nelle ultime settimane, oltre agli aggiornamenti sull’andamento della malattia e alle nuove regole che stanno entrando in vigore, si riaccende il dibattito sulle cause della pandemia grazie ad un articolo pubblicato sul Corriere della Sera ad inizio marzo e diventato virale. Giorgio Palù, virologo, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco, intervistato da Margherita De Bac, rilancia l’ipotesi che a scatenare la pandemia sia stato un virus fuoriuscito involontariamente da un centro di ricerca. “Il ceppo prototipo di Wuhan […] e tutte le varianti che ne sono derivate, presentano una caratteristica affatto peculiare. Nel gene che produce la proteina Spike (quella che il virus utilizza per agganciare la cellula da infettare), appare inserita una sequenza di 19 lettere appartenente ad un gene umano e assente da tutti i genomi dei virus umani, animali, batterici, vegetali, sinora sequenziati. La probabilità che si tratti di un evento casuale è pari a circa una su un trilione”. L’articolo approfondisce vari aspetti sull’origine della malattia e auspica, come più volte richiesto dall’OMS e dalla comunità scientifica, la collaborazione delle autorità cinesi.

Neanche a farlo apposta, sono proprio “condivisione” e “accoglienza” le due parole che contraddistinguono in queste settimane le notizie pubblicate intorno al tema della comunità educante. Spicca per viralità, un intervento del Papa in occasione del cinquantenario di una scuola cattolica milanese. Queste le parole con le quali si è rivolto agli studenti, agli insegnanti e alle famiglie: “c’è bisogno di fare squadra, di crescere, non solo nelle conoscenze, ma anche nel tessere legami per costruire una società più solidale e fraterna. Perché la pace, di cui abbiamo tanto bisogno, si costruisce artigianalmente attraverso la condivisione. Non ci sono macchine per costruire la pace, no: la pace sempre si fa artigianalmente”.

Inutile rimarcare che, di questi tempi, navigando su web e social alla ricerca di comunità, una soltanto, davvero emerge su tutte. È quella ucraina, suo malgrado. #nowar #nessunaguerra

8 Aprile 2022/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2022/04/Maps_1_31-marzo-2022.png 656 924 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2022-04-08 12:00:472022-05-03 10:19:41Il Papa, il metaverso e Wuhan: connessioni iperboliche intorno al concetto di comunità
Federica D'Avino
DIGITALE, EVENTI, MARKETING E COMUNICAZIONE

Cyber security e marketing: perché le aziende non possono fare a meno della sicurezza informatica

cyber security e marketing

Raffaele Mastrolonardo, giornalista e socio fondatore di Effecinque, ha intervistato Luca Busi, fondatore e amministratore delegato di Gmg Net, per capire come le aziende si devono rapportare al tema della sicurezza informatica e come questa si lega con il marketing.

In un mondo in cui la tecnologia gioca un ruolo fondamentale, per le aziende non ci sono solo grandi opportunità ma anche grandi rischi. La cyber security è un tema sempre più attuale che in pochi anni ha superato la barriera invisibile che separa un argomento di nicchia, per addetti ai lavori, da un argomento da prima pagina dei giornali o da apertura dei tg.

Sempre più spesso sentiamo parlare di cyber security, ma siamo portati a pensare che sia una problematica che riguarda casi grossi ed eclatanti e che non possa succedere nulla di simile a individui e piccole e medie imprese che sono relativamente piccole e relativamente poco conosciute. Questa sensazione è abbastanza diffusa ma è ingannevole. Bisogna considerare che i cyber criminali non sono interessati alle piccole realtà per i loro dati, ma sono interessati alle vulnerabilità che queste esprimono verso internet perché possono essere utilizzate per veicolare attacchi verso terzi. È quindi un’idea erronea credere di non poter essere violati, per questo la cyber security deve essere considerata un problema che riguarda chiunque agisca sul mercato. 

Il problema di sicurezza è reale e la portata del pericolo consistente. Ottobre 2021 è stato il mese della cyber security e in questa occasione sono uscite molte statistiche che hanno rilevato una situazione preoccupante per l’Italia. Il nostro paese è il secondo a livello europeo per numero di attacchi, dato che ha subito un aumento del 36% rispetto all’anno scorso.

Anche le piccole realtà devono iniziare a pensare a come proteggersi per far sì che diminuisca complessivamente il numero di attacchi e si crei intorno a loro un ecosistema digitale più sicuro.

Bisogna anche considerare che ogni azione di marketing che le aziende mettono in campo, aumenta da un lato la visibilità online verso potenziali nuovi clienti, ma dall’altro aumenta anche la visibilità verso possibili attacchi informatici. Per questo motivo ogni processo di marketing dovrebbe sempre essere affiancato da un processo di cyber security che valuti i rischi e metta in atto rimedi per evitare situazioni spiacevoli.

La conclusione è che la cyber security non è più solo necessaria ma è diventata fondamentale. Tutte le aziende devono proteggersi dai possibili attacchi perché la sicurezza del singolo contribuisce a creare un ecosistema digitale sicuro in cui piccole e medie imprese non possono venire strumentalizzate per creare danno a terzi.

L’intervista di Raffaele Mastrolonardo a Luca Busi è avvenuta durante la giornata organizzata da Condiviso, UMANESIMO DIGITALE. Per avere più informazioni leggi la news dell’evento.

 

Rapporto Clusit Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica:

2021

2022

10 Marzo 2022/da Federica D'Avino
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2022/03/3_cyber-security.jpeg 1066 1600 Federica D'Avino https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Federica D'Avino2022-03-10 11:33:462022-03-10 11:41:28Cyber security e marketing: perché le aziende non possono fare a meno della sicurezza informatica
Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE

Manodopera qualificata cercasi: abbiamo bisogno di tantissimi “u-mani digitali”!

Maps 6 Memes

Un viaggio in rete alla scoperta delle nostre ultime metamorfosi

Con la metafora delle mani che seguono il pensiero, proseguiamo il nostro viaggio affrontando un argomento che non può mancare quando si tratta di “u-mani” e di saper fare: sono gli artigiani, colonna portante della nostra economia e custodi di un saper fare antico. Come stanno affrontando la realtà di oggi tra innovazione di prodotto, di processo e di sistema?

Surfare sul web alla caccia delle nostre ultime metamorfosi, in tema di artigianato, ci porta innanzitutto davanti ad una straordinaria verità: manca personale qualificato. Ma ne manca moltissimo.

Secondo il “Bollettino” del sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal (l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) e pubblicato a settembre, saldatori, fabbri e informatici sono tra le figure professionali più richieste che le aziende non riescono a reperire. Numeri alla mano, si attesta complessivamente al 36,4% la quota di assunzioni per cui le imprese dichiarano difficoltà nel trovare risorse adeguate. Le figure più difficili sono fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori di carpenteria metallica (66,2%), fabbri ferrai, costruttori di utensili e assimilati (65,8%), artigiani e operai specializzati del tessile e dell’abbigliamento (65,5%).

Uno spazio professionale – ampio e variegato – nel quale si innestano un ricambio generazionale spesso inesistente, una formazione professionale qualificata a volte difficile da reperire o da trasmettere, un mercato dell’artigianato che quando va a braccetto con il mercato del lusso deve garantire oltre ad una altissima qualità, anche una grande capacità tecnica e di innovazione.

La notizia, pubblicata dall’AGI – una delle principali agenzie di stampa italiane e rilanciata su diversi media – fa il paio con un’altra, pubblicata da Il Sole24Ore nello stesso periodo e dedicata al “distretto del cappello”. Forse non tutti sanno che il distretto fermano-maceratese del cappello assorbe il 70% della produzione italiana di cappelli ed è il primo a livello europeo. Si tratta di circa 1.500 addetti e 90 aziende, tutte rigorosamente artigiane e di piccole dimensioni. Le sfide future, a detta del loro presidente, passano per una competizione internazionale, la necessità di fare sempre più un salto verso l’alta qualità e il lusso, la necessità di favorire un ricambio e una maggiore digitalizzazione sia dei processi produttivi che nella commercializzazione dei cappelli.

Mentre il sistema produttivo dell’artigianato lancia l’allarme e Dolce&Gabbana – sempre illuminanti e visionari – dalla loro passerella veneziana ci confermano che “il futuro della moda è negli artigiani italiani”, scopriamo che la rete pullula di esperienze, u-mane, artigiane e digitali.

Tra le più visionarie incontriamo “Mirta”, segnalata tra le otto startup su oltre duecento da B Wonder – Women move forward, la call per sostenere le startup femminili come stimolo e incoraggiamento per tutta l’imprenditoria guidata da donne. Si tratta di un marketplace per artigiani italiani che sogna un mondo “where the value of an object won’t be signaled by a price or a brand anymore. We envision a world where the value will be signaled by quality, uniqueness and human connection”. Insomma, non solo prezzi o marchi famosi, ma cervelli, mani e cuori di piccoli artigiani indipendenti.

Non si tratta dell’unica piattaforma dedicata all’artigianato, anzi ce ne sono molte, spesso specializzate. Pensiamo a MIPEL LAB, la fiera del settore della pelle conciata con metodi naturali, che ha lanciato – tramite una piattaforma online – un luogo virtuale dove il matching tra domanda e offerta sia attivo 365 giorni all’anno. Oppure “Italian artisan” – al momento oggetto di una operazione di crowfunding molto interessante su Opstart – che intende sviluppare una piattaforma b2b per mettere in contatto marchi internazionali e tessuto produttivo made in Italy.

Il settore è in piena evoluzione e non dimentica le sue potenzialità anche in ambito turistico. È facile (e anche molto interessante), ad esempio, imbattersi nella App “Homo Faber Guide” che offre una ricca selezione di destinazioni artigianali da esplorare e sperimentare. Ideata da una fondazione svizzera che ha la missione di “celebrare e preservare l’artigianato di qualità”, oggi raggruppa più di 1000 artigiani e 450 esperienze in 31 Paesi, con regolari aggiornamenti settimanali che assicurano alla piattaforma una costante evoluzione.

Comunque, se siete una azienda artigiana e volete migliorare la vostra presenza online, attraverso l’ottimizzazione dell’utilizzo dell’e-commerce o dei social, tenete d’occhio le proposte, call, siti-vetrina o possibilità di finanziamento che i diversi territori italiani offrono. Giusto per fare qualche esempio: a Firenze, “Murate Idea Park”, l’incubatore di impresa progetto della Scuola di Scienze Aziendali e Tecnologie Industriali “Piero Baldesi”, ha aperto ufficialmente il suo nuovo bando “CallforCraft”, dedicato alle PMI artigiane fiorentine a supporto del loro percorso di digitalizzazione; in Liguria, Confartigianato – in collaborazione con le strutture regionali per l’internazionalizzazione delle imprese – sta lanciando il progetto “#NEXTLIGURIA: nuovi orizzonti commerciali per le imprese”, che punta a promuovere a livello internazionale la conoscenza, la visibilità e l’immagine dei prodotti del marchio “Artigiani in Liguria” utilizzando metodi e strumenti innovativi di marketing e comunicazione. Stay tuned!

Questo articolo è uscito sul blog 6Memes del Gruppo Maps.

21 Dicembre 2021/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2021/12/Immagine3.jpg 508 895 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2021-12-21 18:47:472021-12-21 18:51:45Manodopera qualificata cercasi: abbiamo bisogno di tantissimi “u-mani digitali”!
Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE

Artificial intelligence, IoT, big data, blockchain: l’agricoltura del futuro è arrivata

Un viaggio in rete alla scoperta delle nostre ultime metamorfosi

Si chiama “Farm to Fork” (F2F) letteralmente “dalla fattoria alla forchetta”, in altre parole “dal produttore al consumatore”. È il nome del programma europeo a supporto dell’intera filiera agroalimentare, un progetto ambizioso, lanciato a maggio 2020 – subito dopo la prima ondata della pandemia – ed è il cuore del green deal europeo. L’obiettivo è, entro il 2030, di trasformare il sistema alimentare europeo, rendendolo più sano, equo e sostenibile.

Parte da qui la terza tappa del nostro viaggio – attraverso la piattaforma web distilled – alla scoperta, questa volta, dell’agricoltura di domani. Un sistema alla ricerca di nuovi equilibri tra ecologia e tecnologia, all’insegna della sostenibilità, dell’accessibilità e della lotta agli sprechi. In rete, è ricchissimo il dibattito sul rapporto tra agricoltura e nuove tecnologie: piani di sviluppo, convegni, hub territoriali, reti tra imprese e centri di ricerca, startup. Dall’inizio dell’anno, gli articoli, le news online, i blog e i post che citano le espressioni “agritech”, “foodtech” o “smart agricolture” sono oltre 32mila, per l’85% dei casi in lingua inglese, ma l’Italia non è affatto da meno.

Tra gli ecosistemi dell’innovazione previsti dal PNRR – dovrebbero essere 12 in tutta Italia – viene definito quello dedicato alle tecnologie per l’agricoltura. Dovrebbe avere sede a Napoli, nell’area dismessa della ex Manifattura Tabacchi di Napoli est, e valorizzare quell’impianto di competenze e di relazioni che si è sviluppato negli anni in ambito “agritech”. È in questo contesto che opera una delle realtà oggi più interessanti sul tema. Si tratta di RuralHack, una task force composta da ricercatori, attivisti, contadini, hacker, manager e artisti, che “realizza progetti che tengono insieme l’innovazione sociale con l’agricoltura di qualità per la riattivazione delle comunità rurali in armonia con gli strumenti dell’innovazione digitale.

E, proprio in occasione di un evento andato in diretta sulla pagina facebook di RuralHack, l’ex Ministro alle Politiche Agricole Maurizio Martina ha dichiarato: “Più conoscenza per ettaro. La sfida storica che abbiamo di fronte è questa, ovvero sviluppare processi che portino all’utilizzo della rivoluzione digitale in campo per produrre meglio consumando meno”. La sintesi perfetta di ciò che sta già accadendo: e così noi italiani – tra una pizza e un mandolino – ci mettiamo blockchain, intelligenza artificiale, sistemi IoT, digital farming, vertical farming e via dicendo. Le storie di successo si moltiplicano con uno story telling strepitoso tutto dal sapore nostrano. Ecco qualche esempio raccolto in questa prima metà dell’anno.

Alce Nero – azienda attiva in Italia da oltre 40 anni nella produzione e trasformazione di prodotti alimentari biologici – qualche mese fa lancia il progetto blockchain grazie al quale traccia l’intero ciclo di vita dell’Olio extra vergine di oliva biologico D.O.P. Terra di Bari Bitonto, grazie alla collaborazione con l’azienda hi-tech EZ Lab. In pratica su ogni bottiglia c’è un QRCode che consente di accedere a tutte le informazioni che riguardano ciascuna fase della catena produttiva.

Dal Sud al Nord, emerge NIREOS – spin-off del Politecnico di Milano, premiata e citata per le sue soluzioni di spettroscopia (producono interferometri, spettrometri e telecamere iperspettrali). Con il progetto “Spectral Camera for Agritech”, NIREOS porta sul mercato un’innovativa camera spettrale per lo Smart Farming e la Precision Agriculture. La telecamera, in pratica, consente di monitorare le coltivazioni e analizzare il terreno con elevata accuratezza ed in tempo reale, ottimizzando le risorse, riducendo gli sprechi e aumentando la qualità e la quantità di raccolto.

Continuando a surfare sul web tra agricoltura e tecnologia, è facile imbattersi in numerosi articoli riguardanti il “vertical farming”. Il Sole 24 Ore ad aprile dedica a questo tema un approfondimento estremamente interessante . Si tratta di coltivazioni in ambienti controllati dove sperimentare tecniche produttive sempre più efficienti. Il dibattito è piuttosto acceso tra chi considera questo tipo di soluzione ottimale – specialmente per gli approvvigionamenti delle città – e chi troppo oneroso in termini di risorse energetiche.

Nel frattempo, comunque, a Cavenago in provincia di Milano, Planet Farms ha dato vita ad una struttura di oltre 9mila metri quadrati in cui si producono tra le 40mila e le 60mila confezioni al giorno di insalata ed erbe aromatiche. Tutto intorno a queste soluzioni c’è un indotto di altre startup e team di ricerca, e anche una sfida: “Una Vertical Farm tira l’altra. O almeno questo è l’effetto che ha su di noi” dichiarano i fondatori. Dal “vertical farming” all’“exponential farming”, con robotica e intelligenza artificiale, ONO EF – startup italiana con sede a Verona – lancia “ONO EF Farm Zero”, una piattaforma agrobotica iper-efficiente di coltivazione intensiva verticale, modulare e scalabile, completamente automatizzata (AI).

Anche in Liguria, che tra terrazzamenti e muretti a secco di “agricoltura verticale” – anche se di tutt’altro genere – ne sappiamo qualcosa da secoli, non siamo da meno. Dal sodalizio tra due consolidate realtà genovesi – il Gruppo Fos specializzato in soluzioni tecnologiche e l’oleificio Santagata 1907 che da oltre 110 anni seleziona e commercializza olio extra vergine di qualità – è nato “Piano Green”, una startup dedicata a sviluppare digital farming solutions. Tra i suoi prodotti di punta, il Microcosmo – uno smart field simulator, con brevetto Fos S.p.A. nato in collaborazione con ENEA – e Eye Trap, un sistema di trappole intelligenti per il controllo e il monitoraggio della lotta fitosanitaria agli insetti infestanti.

E a proposito di nuove tecniche di coltivazione, a Pordenone ogni anno si incontrano ricercatori e imprenditori specializzati in vertical farming e coltivazioni fuori suolo grazie alla mostra-convegno internazionale NovelFarm. Dopo l’edizione digitale del 2021, il prossimo appuntamento in presenza è già programmato per febbraio 2022.

Insomma, avevate in mente di ritornare alla terra, trasferirvi in campagna e dedicare tempo ed energia alla natura e ai suoi ritmi? Benissimo! Abbiamo un dannato bisogno di data scientist, sviluppatori IoT, ingegneri esperti in sistemi agricoli alternativi, possibilmente con un alto grado di specializzazione tecnica e informatica. Semplice!

 

5 Settembre 2021/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2021/09/Maps_3.png 643 923 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2021-09-05 14:53:302022-04-05 14:54:47Artificial intelligence, IoT, big data, blockchain: l’agricoltura del futuro è arrivata
Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE

Rigenerazione urbana: “roba” da “u-mani digitali”

Un viaggio in rete alla scoperta delle nostre ultime metamorfosi

Prosegue il nostro viaggio da “u-mani digitali” – attraverso la piattaforma web distilled – alla scoperta delle nostre ultime “metamorfosi”. Questa seconda tappa è dedicata alla “rigenerazione urbana”. Due parole che hanno acquisito nel tempo una certa popolarità se pensiamo che, nel 2019, le troviamo complessivamente utilizzate qualche centinaia di volte (in tutte le fonti monitorate su web, social e press in lingua italiana) e che nel 2020 passano ad oltre 22mila menzioni, fino al record attuale, 21mila citazioni, e siamo solo a metà dell’anno.

Ma noi italiani – si sa – siamo creativi per natura e la “rigenerazione urbana” (come espressione, intendo) non ci basta. E così negli ultimi mesi abbiamo inventato decine di espressioni diverse per esprimere – in fondo – sempre lo stesso fondamentale concetto: abbiamo voglia di stare insieme e di fare (insieme) cose utili non soltanto per noi ma per tutta la comunità.

Da Firenze a Reggio Calabria, da Baselice a Treviso, non si contano le esperienze e i racconti di progetti per la rigenerazione dei nostri paesi, città, parchi o piazze all’insegna della sostenibilità e della collaborazione. E più le facciamo, queste esperienze, più ne parliamo e più abbiamo voglia di dar loro un bel nome. Ecco che compare il “civismo di prossimità”, le “passeggiate di mappatura e partecipazione”, i “design lab” per fare “design therapy” collettiva. C’è chi “ridisegna filiere” e chi costruisce “patti di collaborazione” (lo strumento formale e istituzionale che consente ai Comuni di dare vita ad organizzazioni ibride composte da enti, associazioni, singoli cittadini e realtà più o meno informali attive sul territorio). Qui sotto la wordcloud (Figura1).

E così a Firenze, cittadini e amministrazioni passeggiano in modalità ‘green’ per mappare il territorio, conoscerlo, fare esperienze di partecipazione ma anche di sensibilizzazione ambientale in vista dell’adozione del primo piano del verde della città. A Palermo, il “Quotidiano di Sicilia” si dota di una nuova rubrica dal lampante titolo “Luogo inComune” per accogliere le istanze della comunità e trasformarle in design urbano come risposta concreta ai bisogni delle persone.

A Reggio Calabria, dove “il Covid ha generato una nuova visione della quotidianità quasi un risveglio delle coscienze” – dicono – il Comune ha avviato un piano contro il degrado urbano che ruota proprio intorno alla collaborazione con i cittadini e alla valorizzazione delle forme di cittadinanza attiva che stanno interessando diverse zone degradate della città. Baselice, virtuoso comune in provincia di Benevento, ha recentemente lanciato una APP cittadina con l’obiettivo di dare (e ricevere) informazioni e suggerimenti. “Per ripartire, occorre rigenerare le relazioni sociali, civili ed economiche che legano gli abitanti del paese con interventi di co-progettazione e metodi di sussidiarietà – dichiara il Sindaco Ferella che, continuando, spiega che grazie alla App la comunità si è dotata “di uno strumento attraverso il quale i cittadini propongono interventi sul proprio territorio che si realizzano con il contemporaneo impegno dei cittadini proponenti e del Comune”.

A Cinisello Balsamo, in provincia di Milano, nelle ultime settimane, le attività di collaborazione con i cittadini per la salvaguardia dei beni comuni della città si sono arricchite di una nuova esperienza. Grazie al nuovo patto tra il Comune e la parrocchia di Sant’Eusebio saranno ripulite e curate le due antiche vie romane, il Cardo e il Decumano tra via Settembrini e parte di via Risorgimento. A Genova, il sindaco lancia il “Piano Caruggi”, un enorme progetto di recupero del centro storico della città attraverso la collaborazione con le associazioni. In provincia di Treviso, al centro della rigenerazione c’è il Parco dello Storga, con un accordo tra il territorio e la Cooperativa “Comunica”.

Insomma, la “comunità” è una cosa concreta: attivarla e coinvolgerla sembra essere il fattore decisivo delle numerose esperienze di rigenerazione urbana pubblicate e diffuse su web, social e press in Italia. E tra le parole chiave c’è certamente “co-progettazione”.

Un bellissimo articolo pubblicato su Vita ad inizio maggio, a proposito della co-progettazione, riporta l’espressione “antimafia sociale”. “Si supera infatti la logica di patrocini – scrivono – contributi economici di vario tipo alle associazioni […] Si entra invece nella logica della coprogettazione del welfare di area vasta negli ambiti territoriali sociali. Si configura un polo dell’interesse generale con “finalità civiche solidaristiche e di utilità sociale”in grado di interagire con quello degli interessi pubblici”.

Tra gli influencer di queste tematiche spicca certamente Vita e si conferma Labsus, il Laboratorio per la sussidiarietà, che in un suo recente articolo approfondisce il tema della partecipazione, distinguendo come questa debba essere “trasformativa”. Insomma, non la ciliegina sulla torta o la foglia di fico per farsi belli, ma una partecipazione che lasci il segno in termini di idee, decisioni pubbliche, impatto sulle persone.

Oltre a questi due principali ed esperti interlocutori, in questi primi mesi del 2021, ne emergono altri due: l’Associazione dei Beni Comuni Stefano Rodotà (https://abcbenicomuni.it/) impegnata nella difesa e nella promozione dei beni comuni e pubblici che – tra le altre cose – ha istituito il premio “Commons’ Heroes” per ricordare ogni anno le persone che maggiormente si sono distinte nel raggiungimento di questi obiettivi, ottenendo risultati tangibili; e la piattaforma “Riusiamo l’Italia” (http://www.riusiamolitalia.it ) che promuove azioni e progetti di semplicità civile (figura 2). Una piattaforma libera, gratuita e facile da usare per mettere a fattore comune luoghi abbandonati con progetti collettivi.

“Roba”, anche questa, da “u-mani digitali” (vien da dire).

L’articolo è stato pubblicato sul blog 6memes del gruppo MAPS. Qui l’articolo originale.

10 Luglio 2021/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2021/08/Blog_Maps2.jpg 800 1200 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2021-07-10 11:06:172021-08-04 11:12:24Rigenerazione urbana: “roba” da “u-mani digitali”
Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE

Noi italiani: cittadini “storti”, super attivi e plurali

Noi italiani: cittadini “storti”, super attivi e plurali

Un viaggio in rete alla scoperta delle nostre ultime metamorfosi

 

Come “u-mani-tà digitale”, inizia un nuovo viaggio – attraverso la piattaforma web distilled – alla scoperta delle nostre ultime “metamorfosi”. In un contesto – non solo dettato dalla pandemia – in cui, da un lato la tecnologia riduce complessità e aumenta responsività, e dall’altro cerchiamo destini collettivi, nasce un percorso che si interroga sui nostri nuovi (o più recenti) comportamenti.

Questo primo articolo (di quattro) tratterà di cittadinanza attiva e di educazione alla cittadinanza. Al grido di “insieme si può!”, il web e i social pullulano di esperienze grandi e piccole, dal basso e dall’alto, nelle grandi città o nei piccoli comuni. Un recente “Punto” di Paolo Pagliaro, andato in onda qualche settimana fa su La7 e riportato anche online, sottolineava come “nonostante restrizioni, quarantene e divieti, anche nel primo anno di epidemia circa 800 mila italiani hanno dedicato tempo libero e risorse alla cura dei beni comuni.” Una capacità di essere attivi e attenti che non si ferma (davanti a nulla, verrebbe da dire) anche -senza dubbio – supportata dalla tecnologia.

Nel secondo articolo – tra qualche mese – dai cittadini attivi si passerà alle comunità attive. Navigheremo nel web e nei social alla ricerca di tutte quelle esperienze – anche in questo caso numerosissime – che vedono la collaborazione tra la cosiddetta “società civile” e gli enti e le amministrazioni del territorio per la gestione di luoghi (non solo fisici), la costruzione di comunità (anche virtuali), la risoluzione collettiva di problemi. Come Labsus (il Laboratorio per la sussidiarietà www.labsus.org ) ci insegna, abbiamo una certezza: “le persone sono portatrici di capacità che, messe a disposizione della comunità, contribuiscono a dare soluzione, insieme con le amministrazioni pubbliche, ai problemi di interesse generale”. Insomma, una “economia della cura” che la pandemia da corona-virus rende ancora più preziosa, perché reale, collettiva, utile. In una positiva tensione con la tecnologia digitale, che aiuta, supporta, consente di fare anche quando dal vivo, insieme, non si può stare.

Dalle città alle campagne, il terzo tema tratterà dei nuovi agricoltori: “sacerdoti della terra tra ecologia e tecnologia”. Dall’enciclica Laudato Sì di Papa Francesco sull’”ecologia integrale” alle nuove scoperte in ambito agri-food tech, il mondo della produzione agricola sta vivendo un rinnovato rinascimento: lo conosciamo? Siamo pronti a sposare una innovazione tecnologica che deve fare bene i conti con l’etica e la sostenibilità? Da consumatori consapevoli a portatori di interesse, il nostro percorso di miglioramento – individuale e collettivo – passa attraverso l’azione e il saper fare (anche tecnologico).

Con la metafora delle mani che seguono il pensiero, concluderemo il viaggio con un argomento che non può mancare quando si tratta di “u-mani” e di saper fare: sono gli artigiani, colonna portante della nostra economia e custodi di un saper fare antico. Come stanno affrontano la realtà di oggi tra innovazione di prodotto, di processo e di sistema?

Ma prima di arrivare lì, torniamo al punto di partenza perché dall’inizio dell’anno ad oggi oltre 3900 clip – articoli online e su carta, post e tweet sui social, trasmissioni online e opinioni sui blog – hanno menzionato i temi della cittadinanza attiva, dell’educazione alla cittadinanza e della costruzione di comunità, offrendo uno spaccato dell’Italia di oggi, maturo, sensibile e pronto ad intervenire.

La word cloud generata (figura 1) ci offre alcuni interessanti spunti. Il primo riguarda i beni confiscati alla mafia e la comunicazione che si genera intorno ad essi: il covid-19 non ferma il percorso virtuoso e costruttivo di associazioni, imprese sociali, cooperative o liberi cittadini che prendono in carico questi beni e li rigenerano. Esperienza diversa (ma analoga per viralità) anche la “Carta di Carditello”: nella Terra dei Fuochi si dà l’avvio a sperimentazioni virtuose per il recupero delle aree dove si verifica l’abbandono dei rifiuti. Anche qui, cittadini e comitati protagonisti di forme di volontariato, in questo caso ambientale. Ma non solo.

Un altro spunto lo offre la scuola, da nord a sud, coinvolta in mille polemiche tra didattica a distanza e azioni di distanziamento. Decine e decine sono le iniziative – che la tecnologia aiuta a realizzare e a diffondere – a supporto dei ragazzi contro la povertà educativa e delle famiglie con iniziative a sostegno della genitorialità. Molto interessanti le esperienze “ibride”: fare lezione all’aperto, sia con libri che con tablet, prendendosi cura non solo dell’educazione di grandi e piccoli ma anche dello spazio verde che ospita l’attività.

Non mancano – in questa carrellata dei 3900 contenuti, circa 50 al giorno in media – esperienze esclusivamente virtuali come l’ultima edizione della Smart Week di Milano sul tema della Città “Equa e Sostenibile”, così ufficialmente presentata: “l’equità è una condizione indispensabile in questo periodo storico per rigenerare un sistema che veda un rapporto più armonico tra tutte le sue parti. La sostenibilità è sempre più un passaggio di conoscenza tra le generazioni, proprio in un momento in cui società, economia e ambiente hanno molti più gradi di interazione fra loro”.

La città “smart” è citata in minima parte, un segnale debole che lancia però un tema forte: quello della “social smart city”. Lo porta alla ribalta “Cives”, il laboratorio sul bene comune, che ha organizzato – proprio in queste settimane – a Benevento un interessante dibattito sulle città del futuro, sottolineando come una smart city non possa essere “solamente” una città tecnologica.

“Un modello di smart city alternativo è quello in cui è possibile utilizzare in chiave creativa le tecnologie potenziando le possibilità di partecipazione dei cittadini, attivando processi di rigenerazione urbana, sostenendo processi comunitari per l’attivazione di nuovi servizi progettati dagli utenti stessi adottando processi deliberativi e anche diversificando gli approcci per costruzione di aree culturali urbane. La smart city, citando il sociologo Sennett è una città storta (come i centri storici di origine medievale), aperta e modesta” (dall’intervento di Marino Cavallo, responsabile dell’ufficio ricerca e innovazione della città metropolitana di Bologna, ospite dell’evento).

Sarà forse questo uno dei modi per esprimere la nostra “u-mani-nità digitale”?

#cittadinanzaattiva #cittadinidigitali #umanidigitali #smartcity #socialsmartcity

L’articolo è stato pubblicato sul blog 6memes del gruppo MAPS. Qui l’articolo originale.

23 Aprile 2021/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2021/04/Cittadini-digitali.jpg 493 770 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2021-04-23 15:14:402021-04-23 15:14:40Noi italiani: cittadini “storti”, super attivi e plurali
Federica D'Avino
MARKETING E COMUNICAZIONE

I sistemi di prossimità ci avvicinano, i social (a volte) ci allontanano. Il nuovo monitoraggio di Sara Di Paolo

Il seguente articolo è stato pubblicato sul blog di 6memes del gruppo MAPS. Qui l’articolo originale.

Diamo un po’ di numeri. Dal primo gennaio, il monitoraggio basato su tecnologia webdistilled e impostato in italiano e inglese, ha rilevato oltre 85.000 contenuti (tra news, post, tweet, blog e articoli di giornale) sulle tematiche del coworking, coliving, cohousing e coeconomy (alcuni dei nuovi trend dell’economia e della socialità). In media oltre 300 menzioni al giorno. Il 75% è dedicata al coworking (fenomeno effettivamente più conosciuto e dibattuto da tutti). L’84% è in inglese.

Tra noi e il mondo anglosassone emerge una differenza (non solo per quantità di messaggi emessi) ma anche rispetto alle tematiche trattate. In inglese è molto presente il tema “real estate” (e quindi l’impatto che hanno sul mercato immobiliare le esperienze – sempre più diffuse – di coworking, coliving e cohousing), mentre in italiano prevalgono istanze sociali (sia dal punto di vista delle imprese sociali coinvolte in sperimentazioni di economia condivisa, sia rispetto all’impatto sociale che coworking, coliving e cohousing determinano).

 

I luoghi di Co-working per consentire il dialogo

In Italia, a settembre, il dibattito lo accende un tweet di Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, una delle città tra le più colpite dalla pandemia, che scrive:

“Io credo si debbano attrezzare dei luoghi di coworking nelle città. Così si riduce il pendolarismo verso le grandi metropoli – ore perse in auto o sui treni – ma non si obbliga la gente a lavorare in casa, e si consente il dialogo, e magari anche la collaborazione, tra lavoratori.”

Abbiamo imparato a lavorare da casa ma riuscire a difendere la propria vita personale e familiare dall’incombere continuo del lavoro è complicato. Va bene la “comodità” ma è giunto il momento di passare alla “prossimità”.CONDIVIDI IL TWEET

Il messaggio diventa virale e genera numerosi commenti. Uno tra tutti inquadra il tema alla perfezione, ed è quello di Francesco Luccisano, che ribatte così:

“Mi piacciono molte cose dello #smartworking: fiducia al posto di controllo, squadra al posto di gerarchia, risultati al posto di timbrature. Solo una cosa non riesco a mandare giù: lavorare da casa. Il lavoro che ti entra in camera, che ti bussa in bagno, che concorre con la famiglia.”

In questi mesi tra lockdown e tentativi di ritorno alla normalità, la connessione coworking-smart working si è fatta spesso molto stretta. Abbiamo imparato a lavorare da casa (e anche i datori di lavoro lo hanno capito) ma riuscire a difendere la propria vita personale e familiare dall’incombere continuo del lavoro è complicato.

Va bene la “comodità” (di stare a casa) ma è giunto il momento di passare alla “prossimità”.

Il nuovo rinascimento degli spazi di Co-working

È su questo che fa perno il nuovo rinascimento che oggi stanno vivendo gli spazi di coworking, specialmente quelli di dimensioni ridotte – non le grandi “catene” – e quelli, appunto, “di prossimità” o anche suburbani. Anche a livello internazionale il dibattito si concentra su questo. A Bristol, il coworking “Future Space” ha lanciato una nuova tipologia di membership più flessibile pensata per le PMI a cui non servono scrivanie fisse ma piuttosto una alternativa per i propri dipendenti al lavoro da casa.

A Santa Barbara, in California, la testata giornalistica “Optimistic Daily” – che ha come mission di diffondere positività e soluzioni percorribili (e già questa di per sé sarebbe una notizia) – ha recentemente pubblicato il progetto urbanistico di una nuova città da costruire in Cina ideato dallo studio Guallart Architects di Barcellona. La città del futuro è (ovviamente) molto green (pannelli solari, balconi e giardini, percorsi alberati, strade ciclabili e pedonali) e prevede che le case siano pensate per essere anche luoghi di lavoro (in caso di un nuovo lockdown) e che i quartieri abbiano “coworking di prossimità” (per quando si può uscire).

La città del futuro dovrebbe essere, ovviamente, molto green e prevedere con abitazioni pensate per essere anche luoghi di lavoro e quartieri che abbiano coworking di prossimità.CONDIVIDI IL TWEET

Dagli Stati Uniti arriva anche un’altra notizia che, a luglio ha generato un vero e proprio picco di comunicazione. Settanta testate giornalistiche online hanno pubblicato una ricerca da cui si evince che, fino alla fine del 2021, il 6% del totale dei lavoratori americani presterà il proprio servizio interamente da remoto e che tra il 25% e il 30% lavorerà da casa più giorni alla settimana, conclusione: sono sempre più ricercati i “coworking suburbani”.

Il rapporto tra i processi “sociali” e i processi “social”

Mentre si afferma sempre più il concetto di prossimità e si valutano rischi e benefici del sistema alle prese con un autunno delicato tra riaperture delle scuole e rischi di nuovi contagi (quasi 28mila degli oltre 85.000 contenuti citano coronavirus, covid, lockdown, pandemia, etc.), su twitter esplode un dibattito sul coliving, ovvero le nuove soluzione dell’abitare insieme.

Lo genera un servizio pubblicato dal Corriere della Sera. Il titolo recita “Co-living, abitare insieme (da adulti): le generazioni affitto” e comincia così:

“si chiama co-living: lo scelgono giovani professionisti, nomadi digitali e cresce la quota degli over 45. Il bello è che non devi far altro che pagare un fisso: tutto è incluso. Anche la compagnia di persone affini: da 4 a 8 sconosciuti”.

È scritto da Andrea Federico Cesco e delinea un interessante spaccato della situazione italiana e delle potenzialità di sviluppo. È un articolo da leggere (lo si trova facilmente online) perché fa sentire “normali” in un’epoca “anormale”.

I sistemi di prossimità ci avvicinano mentre il dibattito social ci allontana? Ecco un piccolo corto circuito sulla strada dell’interoperabilità: il rapporto tra i processi sociali e i processi social.CONDIVIDI IL TWEET

Lo ha reso virale un tweet in realtà provocatorio:

“Co-living, ossia diventi povero e senza casa ma ti fanno sentire alla moda. Si torna all’era dell’Inghilterra “vittoriana” coi moderni proletari ammassati in pochi metri quadri. È il futuro contesto metropolitano, rovesciamoli!” (Marco Rizzo, segretario del PC).

I sistemi di prossimità ci avvicinano mentre il dibattito social ci allontana? Ecco un piccolo corto circuito sulla strada dell’interoperabilità: il rapporto tra i processi “sociali” e i processi “social”!

 

Sara Di Paolo

 

 

 

 

 

 

28 Ottobre 2020/da Federica D'Avino
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2020/10/DiPaolo_Cop-770x514-1.jpg 514 770 Federica D'Avino https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Federica D'Avino2020-10-28 12:58:592020-10-28 12:58:59I sistemi di prossimità ci avvicinano, i social (a volte) ci allontanano. Il nuovo monitoraggio di Sara Di Paolo
Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE

Food tech, dal frigorifero di casa alle risorse e alle sfide del pianeta

Food Tech

Il seguente articolo è stato pubblicato sul blog 6memes del gruppo MAPS. Qui l’articolo originale.

Da qualche mese, grazie alla piattaforma Web Distilled, monitoro cosa viene pubblicato nel mondo intorno al tema del Food Tech, ovvero le tecnologie applicate al settore agroalimentare. Un argomento estremamente sentito -specialmente nel mondo anglosassone (il 78% dei contenuti sono in inglese contro un 22% in italiano) – e principalmente collegato a soluzioni tecnologiche in campo agricolo o nella trasformazione alimentare, ad applicazioni e strumenti di comunicazione contro lo spreco o a supporto di politiche per combattere la fame nel mondo, oltre ai moltissimi articoli che riportano statistiche e investimenti milionari per startup innovative.

Non troppo virali o centrali nel dibattito, ma abbastanza presenti da farsi notare – specialmente negli articoli pubblicati in lingua italiana – compaiono espressioni come “democrazia”, “tradizione” e “sostenibilità”. Segnali deboli – in termini di frequenza e di viralità su media, new media e social – ma certamente molto potenti quando si va ad approfondire.

Cominciamo con “democrazia”, ne parla su NOVA de Il Sole 24 Ore – nel blog Feed the Future, letteralmente “nutrire il futuro” – Sara Roversi, imprenditrice, appassionata di food e di social innovation, illustrando un futuro scenario economico – la Imagination Economy – dove cooperazione, dialogo e innovazione diventano gli ingredienti fondamentali per costruire un futuro più prospero e sostenibile con una particolare attenzione alla lotta allo spreco e a nuovi modelli diproduzione, anche alimentare.

In un intervento alla Camera dei Deputati, ne parla anche Vandana Shiva, scienziata attivista e ambientalista indiana, presidente di Navdanya International, in Italia per il lancio della Campagna globale “Poison-free Food and Farming 2030 – Cibo e Agricoltura liberi da pesticidi 2030”. Sottolinea come api, farfalle, scarafaggi e altri insetti stiano scomparendo a causa di pesticidi e veleni chimici e che, se non cambiamo i nostri modi di produrre
cibo, gli insetti nel loro insieme andranno in estinzione in pochi decenni, rendendo sempre più critica la vita sulla terra. Il contenuto gira nei social italiani grazie ad un tweet di @Beppe_Grillo – “Quando si parla di #agricoltura
non si parla mai solo di #cibo, ma di #futuro, di #democrazia e di #libertà” – diventato abbastanza virale, un po’ per la forza del messaggio e un po’ per i numerosi commenti successivi, spesso di tutt’altro stile (“Bene. Allora vai a zappare la terra!!!”).

Nella ricerca su quanto si dice su futuro e innovazione di cibo e alimentazione, trovano pochissimo spazio contenuti riguardanti la tradizione o la salvaguardia dei piatti tipici. Per questo motivo, saltano all’occhio messaggi del tipo “stendere la sfoglia col mattarello e ammirarne la sottigliezza e la trasparenza in controluce è un gesto che dà soddisfazione e aumenta l’autostima” e “il fattore umano sarà sempre rilevante”. Amaro Montenegro – in collaborazione con il Future Food Institute – questa primavera ha lanciato una call for ideas dal titolo “#humanspirit” per andare alla ricerca dei “maker della convivialità del futuro”. Un contest in cui creatività e tecnologia puntano a rafforzare lo spirito di coesione tra le persone, anche durante la degustazione di spirits & cocktail.

Sulla filiera “tradizione e innovazione”, un altro marchio leader nel mondo concentra la sua comunicazione e visione, si tratta dell’Acqua San Pellegrino che, per i suoi 120 anni di attività, ha ospitato l’evento Food
Meets Future
(il cibo incontra il futuro), nella convinzione che il futuro della gastronomia abbia bisogno di comunità e talento, di agire in maniera responsabile e inclusiva, di ispirazione e creatività. Nel frattempo Mastercard ha inaugurato a Roma il primo bistrot cashless. Punto cardine del nuovo ristorante è un tavolo interattivo touch, progettato appositamente per navigare tra le ricette e le curiosità della cucina tradizionale romana, ordinare piatti, e infine pagare senza dover andare alla cassa.

Nelle ultime settimane, infine, hanno raggiunto una discreta viralità due notizie molto diverse tra loro che mettono al centro il tema della sostenibilità ambientale e non solo. È di Repubblica il servizio sulla “eco-polpetta”, finalmente sbarcata anche in Italia, grazie a Viviana Veronesi, titolare del Bistrot Paulpetta di Monza, che ha mosso mari e monti per fare arrivare dagli Usa in Brianza la famosa “impossible meat”, preparata esclusivamente con ingredienti vegetali come proteine di piselli, olio di cocco, fibre di bambù. Obiettivo del progetto milionario – la casa madre americana ha tassi di crescita vorticosi – è salvare gli animali e salvare il
pianeta, senza rinunciare alla bontà di un appetitoso hamburger.

La seconda notizia per viralità è stata lanciata da GreenMe, testata online d’informazione su tematiche green, e riguarda la Grande Muraglia Verde africana. Un progetto iniziato nel 2008 che oggi coinvolge più di 20 paesi della regione sahelo-sahariana nella realizzazione di una “muraglia di alberi” lunga 8.000 km e larga 15 km. Sebbene sia attualmente completato solo per il 15%, il progetto ha già avuto un impatto molto importante sui paesi coinvolti: in Nigeria sono stati ripristinati 5 milioni di ettari di terra degradata, in Senegal sono stati piantati alberi resistenti alla siccità su circa 12 milioni di ettari, in Etiopia sono stati ripristinati 37 milioni di ettari di terreno.

Indagare su quanto viene detto e scritto su cibo e futuro sposta la nostra visione dal frigorifero di casa alle grandi sfide del pianeta.

L’articolo si basa sulle informazioni raccolte grazie alla piattaforma di analisi semantica Web Distilled che è stata impostata in italiano e inglese per analizzare tutte le fonti, nazionali ed internazionali, disponibili – i social media, il web, i blog e le testate giornalistiche online, la carta stampata, le trasmissioni radio e tv digitalizzate – intorno al tema del cibo e del futuro, inteso come innovazione, tecnologia, nuovi stili di vita. Il monitoraggio è attivo dal primo gennaio 2019.

La piattaforma in questi mesi ha raccolto più di 21.000 contenuti tra articoli, blog, post e trasmissioni radiotelevisive. Il 78% sono in lingua inglese e il 22% in italiano. La maggior parte dei contenuti è stata pubblicata online (80,7%), seguono i social con il 16,6% e carta stampata, radio e TV con il 2,7%. Il 16% dei contenuti complessivi cita le “startup”, oltre il 23% collega il food tech alla sostenibilità.

31 Luglio 2019/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/07/quadrata-e1570799052801.jpg 500 500 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2019-07-31 14:38:022020-08-31 11:10:01Food tech, dal frigorifero di casa alle risorse e alle sfide del pianeta
Condiviso
MARKETING E COMUNICAZIONE

Foodtech e nuovi stili alimentari

Food Tech

Il seguente articolo è stato pubblicato sul blog 6memes del gruppo MAPS Qui l’articolo originale

Prima tappa: Gerusalemme

La notizia della partnership tra Jerusalem Venture Partners, fondo internazionale di venture capital, e Mars Incorporated, che produce alcuni dei marchi alimentari più di successo al mondo (tra questi, M&M’s®, SNICKERS®, TWIX®) per sviluppare in Israele soluzioni tecnologiche innovative in ambito agricolo, alimentare e nutrizionale, fa letteralmente il giro del mondo. In collaborazione con i principali centri di ricerca israeliani, il progetto intende sostenere startup e percorsi di innovazione aziendale, con l’obiettivo di fornire soluzioni scalabili alle sfide di nutrire l’umanità e preservare l’ambiente.

Già da questa prima ipotetica tappa si intuisce la cifra del ragionamento globale sul cibo del futuro: innovazione, ricerca tecnologica, impatto sociale e ambientale. A livello internazionale non si contano le startup, gli acceleratori d’impresa, i premi e i finanziamenti dedicati al foodtech, ovvero all’innovazione tecnologica in ambito agroalimentare.

Da Israele agli States, il salto è veloce. Qui le startup dell’agrifood tech – quelle che innovano “from farm-to-fork” (dalla fattoria alla forchetta) – hanno raccolto nel 2018 16,9 miliardi di dollari di investimenti e si attestano in un range di incremento annuo del 43%, confermando gli Stati Uniti come paese leader del settore.

Due notizie, in particolare, nelle ultime settimane, hanno scosso i media americani e internazionali: Amazon che investe 575 milioni di dollari in Deliveroo (società delle consegne a domicilio con base a Londra e attività in 14 Paesi) e Beyond Meat, la prima startup – che produce carne “alternativa” – a quotarsi in borsa.

Distribuzione delle fonti del monitoraggio effettuato.

Media della distribuzione delle fonti del monitoraggio effettuato dal 1 gennaio 2019 ad oggi. Piattaforma Monitoring Emotion.

Il tema della “carne senza carne” è molto caldo, soprattutto nel mondo anglosassone, da quando catene internazionali come Burger King hanno proposto l’impossible burger (hamburger “impossibile” che sanguina come fosse carne fresca ma non è prodotto da animali ma da piante). Personalità famose come il rapper Jay-Z, Serena Williams o Beyoncé ne sostengono la produzione. L’interesse raggiunge il grande pubblico (non solo vegani o vegetariani).

Gli scaffali dei supermercati che offrono questi prodotti sono presi d’assalto. Per capire la portata del fenomeno, basta constatare che persino l’Asia – con la Cina capofila a livello mondiale per consumo di carne di maiale – se ne sta interessando e sta nascendo una richiesta importante di questi prodotti.

Il tema della ‘carne senza carne’ è molto caldo, soprattutto nel mondo anglosassone, da quando catene internazionali come Burger King hanno proposto l’impossible burger…CONDIVIDI IL TWEET

I gusti dei consumatori globali cambiano, siamo più sensibili e informati sulla sostenibilità ambientale, le opzioni a disposizione sono sempre più innovative e numerosa. Dalla Silicon Valley all’Italia, il passo sembra lungo ma in realtà non lo è poi così tanto.

A Milano a gennaio è stato inaugurato il FoodTech Accelerator con l’obiettivo di trasformare la città in un hubinternazionale dell’innovazione per il food e il retail (settori che da sempre fanno del Made in Italy un marchio riconosciuto in tutto il mondo), mentre Talent Garden a giugno aprirà il primo campus per foodtech e sostenibilità. Situato nel quartiere Isola (a nord del centro di Milano) offrirà postazioni di lavoro per circa 180 professionisti di startup, aziende, incubatori, venture capital, università che si occupano di tecnologia applicata al cibo.

C’è chi twitta “senza #innovazione anche il #cibo #MadeinItaly può estinguersi” ma la realtà dei fatti non sembra proprio confermare questa paura, tenuto conto che solamente Milano, nelle ultime settimane, ha ospitato “Seed&Chips”, the leading food innovation summit in the world (il principale vertice sull’innovazione alimentare nel mondo); “TUTTOFOOD”, the leading international B2B fair focused on food and beverage (la principale fiera internazionale B2B dedicata a cibo e bevande), e in questi giorni “Cibo a Regola d’Arte”, un festival sul futuro dell’alimentazione” – confermando il ruolo di primo piano a livello internazionale della città lombarda sul tema dell’agroalimentare.

Cibo del Futur: buzz dal 1 gennaio 2019 ad oggi

Cibo del Futuro: buzz dal 1 gennaio 2019 ad oggi. Piattaforma Monitoring Emotion.

Ultima tappa: Londra

La capitale inglese batte tutti per creatività grazie alla mostra “FOOD: Bigger than the Plate” visitabile al Victoria&Albert Museum dal 18 maggio al 20 ottobre. L’esposizione propone oltre 70 progetti visionari (ma realizzabili e realizzati) sull’alimentazione e sulla sostenibilità ambientale, ideati da artisti e designer in collaborazione con chef, scienziati e agricoltori.

Dall’installazione di funghi che crescono a partire dai fondi del caffè provenienti dal V&A Benugo Café (e che ci ritorneranno per essere cucinati in una logica di economia circolare), al “bicitractor a pedali” sviluppato da Farming Soul per sostenere l’agricoltura su piccola scala, l’esposizione presenta opere in prospettiva sperimentale e spesso provocatoria, immaginando futuri alimentari alternativi. Tra queste “the Sausage of the Future” (la salsiccia del futuro) di Carolien Niebling con immagini di insaccati contenenti vermi e insetti.

Il tema del consumo di insetti come fonte nutrizionale ad alto contenuto proteico, in realtà, è oggetto di un dibattito piuttosto acceso. Ci sono startup che stanno investendo in produzione e ricerca, e approfondimenti scientifici che ne calcolano l’impatto dal punto di vista nutritivo e ambientale. Sui social, il tema si presta a facili battute e commenti sarcastici – specialmente da noi italiani: “Se il cibo del futuro sono i grilli fritti, preferisco che non esista nessun futuro. Estinguiamoci e facciamola finita.”!

Campagna ZeroHunger

Nei social media, tra i contenuti a tema agroalimentare, non manca però lo spazio per campagne più serie come quella della FAO #ZeroHunger (ZeroFame) contro la fame nel mondo. Tra i messaggi più virali, questo bel invito: “Youth are the future. The future of agriculture. The future of food. Our future without hunger. Investing in them is investing in our #ZeroHunger future” (I giovani sono il futuro. Il futuro dell’agricoltura. Il futuro del cibo. Il nostro futuro senza fame. Investire su di loro significa investire in un futuro senza fame).

Sara Di Paolo

L’articolo si basa sulle informazioni raccolte grazie alla piattaforma di analisi semantica Web Distilled che è stata impostata in italiano e inglese per analizzare tutte le fonti, nazionali ed internazionali, disponibili – i social media, il web, i blog e le testate giornalistiche online, la carta stampata, le trasmissioni radio e tv digitalizzate – intorno al tema del cibo e del futuro, inteso come innovazione, tecnologia, nuovi stili di vita. Il monitoraggio è attivo dal primo gennaio 2019.

La piattaforma in questi mesi ha raccolto più di 15.700 contenuti tra articoli, blog, post e trasmissioni radiotelevisive. Il 77% sono in lingua inglese e il 23% in italiano. La maggior parte dei contenuti è stata pubblicata online (78,9%), seguono i social con il 17,8% e carta stampata, radio e TV con il 3,3%. Il 16% dei contenuti complessivi cita le “startup”, il 9% parla di spreco alimentare e il 9,4% di insetti da mangiare.


CREDITS IMMAGINE DI COPERTINA (rielaborata):


ID Immagine: 87015406. Diritto d'autore: Fabio Berti

ID Immagine: 100858327. Diritto d'autore: Niphon K

ID Immagine: 41200980. Diritto d'autore: marchie
13 Giugno 2019/da Condiviso
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/06/mucca-carolina-copia-770x464-1-e1561631381565.jpg 334 334 Condiviso https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Condiviso2019-06-13 15:41:132020-09-16 12:20:26Foodtech e nuovi stili alimentari
Claudia Gandolfi
MARKETING E COMUNICAZIONE

Quality Made

Quality Made

Il marchio di qualità e identità culturale delle imprese della filiera turistica tra Italia e Francia

Si sono incontrate a Genova, in Condiviso, le imprese liguri che hanno ottenuto il marchio Quality Made alla fine di un percorso, durato due anni, che ha coinvolto quasi 100 strutture italiane e francesi (Toscana, Sardegna, Liguria, Corsica e VAR), all’interno del progetto europeo Interreg Marittimo S.MAR.T.I.C. (Sviluppo Marchio Territoriale di Identità Culturale). Le aziende di accoglienza e di produzione di prodotti tipici e artigianali, le associazioni culturali e le attività di servizio che lo espongono, attestano la loro concreta attenzione alla sostenibilità ambientale, culturale e sociale a favore dei viaggiatori consapevoli attenti alla qualità.

Condiviso ha curato l’immagine coordinata dell’intero progetto e, grazie al ad alcuni focus group e al sistema di monitoraggio Monitoring Emotion, ha contribuito a sondare i trend su web, social media e press sui temi legati al progetto (turismo responsabile, sostenibilità ambientale, economica e sociale, ecc.).

11 Aprile 2019/da Claudia Gandolfi
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/01/180829_QM_GRAFICHE_LANCIO_FACEBOOK10-e1570710989303.jpg 500 500 Claudia Gandolfi https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Claudia Gandolfi2019-04-11 13:17:532020-08-31 11:41:23Quality Made
Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE

Noi siamo quel ponte, il primo ponte siamo noi

Crollo Ponte Morandi

*L’articolo è stato pubblicato su 6Memes, il Blog del Gruppo MAPS

A quattro mesi dalla tragedia che ha colpito Genova, il monitoraggio – realizzato da Maps Group e Words tramite la piattaforma Web Distilled – analizza l’impatto che il crollo del ponte Morandi ha avuto a livello nazionale e internazionale in termini di comunicazione e immagine della città e dell’Italia intera.

In questi mesi, il sistema ha rilevato 450.000 contenuti tra articoli di giornale, trasmissioni radio e tv, uscite sui social, post e news su blog e siti web. Con una media giornaliera di 3.800 messaggi. L’88% in lingua italiana, il 50% sui social. Sui media inglesi sono stati pubblicati 30.000 articoli, oltre 12.000 su quelli spagnoli, 7.200 in lingua francese e 1.500 in tedesco.

Allo shock iniziale, all’incredulità e al dolore, alla consapevolezza (“Noi siamo quel ponte”) espressa ad ogni latitudine che chiunque di noi poteva essere lì in quel momento, sono poi seguite – soprattutto a livello internazionale – descrizioni precise e dettagliate dei fatti e del percorso politico, istituzionale, progettuale, processuale e sociale in atto nel nostro paese. É di qualche giorno fa la pubblicazione su un sito inglese specializzato di una ricerca sulle “global ageing infrastructures” (lo stato di “invecchiamento” delle infrastrutture a livello globale). Al centro dell’analisi il caso genovese e una considerazione “no time to grow old gracefully” (non c’è tempo per invecchiare “con grazia”) seguono indicazioni di dettaglio sul cattivo stato di salute delle infrastrutture del mondo. Il punto non è solo questo. Ascanio Celestini ha ricordato da subito che “una strada non è solo una questione per politici e ingegneri. Una strada è una visione del mondo” (Internazionale, 15 agosto).

Mentre la politica dibatte (e i media nazionali la seguono passo dopo passo) su soldi, tempi e decreti, l’analisi del sentiment (che distingue i contenuti più polarizzati in termini di negatività o positività) ci riserva alcuni elementi di conforto. Certo, data la tragicità dei fatti, al 94% dei contenuti è assegnato segno negativo, approfondendo però quelli di carattere positivo (che sono comunque decine di migliaia) si rileva come, in questi mesi, alcuni specifici eventi siano stati accolti da noi italiani, ma anche dagli osservatori internazionali, con un senso quasi di gioia o quanto meno di incoraggiamento. Tra questi, il progetto regalato dall’architetto Renzo Piano alla città di Genova a pochi giorni dal crollo del ponte che ha fatto letteralmente il giro del mondo, più di recente la nomina del sindaco Bucci a commissario per il ponte con tanti sinceri auguri di buona fortuna e buon lavoro. Tra le notizie “più leggere”, emerge l’invito del Comune di Genova a ospitare la finale della “Copa Libertadores” tra River e Boca (notizia ripresa da centinaia di siti, soprattutto tra i media spagnoli e latino-americani). La partita si gioca a Madrid “ma come sarebbe stato bello”.

Sui social c’è l’affetto, la vicinanza alle famiglie delle vittime e agli sfollati, c’è un moltiplicarsi continuo di iniziative e manifestazioni a supporto di chi è più in difficoltà. Il tweet più virale è di Francesca Baraghini (giornalista genovese da qualche anno volto di Sky Italia) che a poche ore dalla tragedia scrive “Sono diventata matta per trovare mia madre. Matta. E l’ho trovata, in macchina, che tornava, come ogni giorno, passando da lì. La maggioranza passa da lì. Poi, parleremo di come può crollare un ponte a Genova nel 2018. Adesso, spero solo che tutti possano dire “L’ho trovata””. Fortissima l’invasione dei leader politici su facebook. Il primato del post più virale in assoluto dal giorno della caduta del Ponte spetta a Luigi Di Maio ma più il tempo è andato avanti più sono passati al primo posto il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte prima e Matteo Renzi poi. I post politici sono di solito molto invasivi e, a leggere le reazioni, scatenano paradossalmente soprattutto “antipolitica”, oltre a rabbia, insulti, sarcasmo, piccate puntualizzazioni.

In quanto a semplici citazioni di personalità politiche su stampa e TV, web e social il Ministro Toninelli nel bene e nel male è il più menzionato (44%), seguono Giovanni Toti, Presidente della Liguria (28%), Marco Bucci, Sindaco di Genova (19%) e Edoardo Rixi, Viceministro genovese alle Infrastrutture e Trasporti (9%). Tra i temi più sentiti, dopo il cordoglio per le vittime e la situazione degli sfollati, emergono traffico e logistica. Seguono argomenti squisitamente tecnici su infrastrutture, logistica e costruzioni e infine commenti e articoli sull’impatto economico e sul turismo. Dal giorno della tragedia tutti gli enti e le associazioni imprenditoriali genovesi lanciano appelli per sottolineare che Genova, nonostante il grave danno, non è una città “invalida”. Non sempre però si superano i confini locali coinvolgendo testate nazionali ed internazionali o ottenendo riscontri dal variegato mondo social.

L’immagine della città nel paese e dell’Italia nel mondo dipendono dalla capacità di azione e reazione che sapremo dimostrare con i fatti. Sapremo superare la crisi rapidamente? Sapremo ri-progettare e ri-costruire il futuro? Un tweet di qualche giorno fa diceva “il primo ponte siamo noi”. Ognuno nel proprio ruolo, ognuno con le proprie abilità ed emozioni. #bethebridge

13 Gennaio 2019/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/01/ponte2.jpg 500 500 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2019-01-13 18:47:542020-08-31 12:04:36Noi siamo quel ponte, il primo ponte siamo noi
Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE

Quality Made, il marchio del turismo sostenibile

Quality Made

Quality Made è un marchio di qualità di Identità Culturale che certifica aziende che basano la propria attività su principi di sostenibilità culturale, ambientale e sociale. Quality Made si rivolge ai viaggiatori in cerca di luoghi veri e unici, di un’esperienza di viaggio attenta all’ambiente e nel rispetto delle comunità locali.

Le aziende certificate con il marchio Quality Made sono accomunate da un forte radicamento nel territorio di appartenenza, da una grande attenzione alle peculiarità della cultura locale, dalla particolare cura impiegata nella creazione di prodotti e servizi di alta qualità, dalla decisa connotazione artigianale e territoriale.

Nato nel 2018, il marchio è attivo tra la Francia e l’Italia e raggruppa un primo nucleo di 75 aziende.

Condiviso ne cura l’impostazione grafica e strategica: abbiamo creato il marchio e progettato l’immagine coordinata, impostato il piano di comunicazione, lanciato la pagina Facebook e l’account Instagram, definito il piano media e le attività di ufficio stampa e realizzato il sito web in tre lingue.

10 Dicembre 2018/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/01/180829_QM_GRAFICHE_LANCIO_FACEBOOK3.jpg 1920 1920 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2018-12-10 17:11:332020-08-31 14:51:50Quality Made, il marchio del turismo sostenibile
Lorenzo Novaro
MARKETING E COMUNICAZIONE

Dai il 5 al Gallo!

Don Andrea Gallo

Con la vignetta di Vauro che raffigura Don Andrea Gallo sorridente con il palmo della mano alzata e grazie alla partecipazione di tantissimi amici di Don Gallo – da Simone Cristicchi a Vladimir Luxuria, da Dario Vergassola a Dori Ghezzi, giusto per citarne alcuni tra i più noti – è partita la campagna per donare il 5×1000 alla Comunità di San Benedetto.

Ricordare Don Andrea e la Comunità, farlo con l’energia e l’ironia che li contraddistingue, è la chiave di questa campagna che, sui social e sui media locali e nazionali, ha suggerito di inserire il codice della Comunità 02471280103 nello spazio apposito sulla dichiarazione dei redditi e intitolato “sostegno del volontariato e delle altre attività non lucrative di utilità sociale”.

A chi compila la dichiarazione non costa nulla, mentre per la Comunità è un aiuto prezioso. È anche così che portiamo avanti l’eredità di Don Gallo.

4 Settembre 2018/da Lorenzo Novaro
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/01/180322_GALLO_5XMILLE_VAURO2.jpg 785 785 Lorenzo Novaro https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Lorenzo Novaro2018-09-04 11:11:242020-08-31 14:58:58Dai il 5 al Gallo!
Silvia Badalotti
MARKETING E COMUNICAZIONE

Miomio.bio a Parigi

miomio.bio

miomio.bio, startup nell’ambito moda bambino nata in Condiviso, è stata selezionata tra i brand esposti a Playtime Paris, dal 27 al 29 gennaio, e nella Milk Kid’s Collection.

Salone internazionale dedicato a bambini, junior e maternità, Playtime è sinonimo di qualità e ricerca di progetti innovativi. Abbigliamento, accessori, scarpe, premaman, design, giocattoli: un’offerta completa in uno spazio creativo e commerciale che risponde alle variegate esigenze dei buyer.

31 Gennaio 2018/da Silvia Badalotti
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2018/01/Schermata-2018-01-30-alle-14.53.28.png 1192 1188 Silvia Badalotti https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Silvia Badalotti2018-01-31 09:30:242020-08-31 15:31:47Miomio.bio a Parigi
Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE

I giovani e la loro voglia di fare impresa

voglia di fare impresa

Lunedì 24 Luglio alle ore 11 ospitiamo la presentazione della ricerca SWG sul clima tra i giovani liguri, la loro voglia di fare impresa, le loro paure, consapevolezze e propensione al cambiamento.

Presenta la ricerca Enzo Risso, direttore di SWG Italia. Intervengono Tarcisio Mazzeo caporedattore TGR Liguria, Massimo Righi direttore de Il Secolo XIX e Alessandro Nicolini Coordinatore GGR (Gruppo Giovani Riuniti Genova). Conducono i lavori Gianluigi Granero, presidente LegaCoop Liguria, e Anna Loscalzo, coordinatrice regionale di Generazioni in Liguria.

L’iniziativa è organizzata da LegaCoop Liguria e Generazioni Liguria.

Lunedì 24 Luglio – ore 11 –  Condiviso, Calata Andalò di Negro 16 – Genova, per info 010 8568340

19 Luglio 2017/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2017/07/quadrato-e1561977315785.jpg 500 500 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2017-07-19 11:45:432020-08-31 16:18:23I giovani e la loro voglia di fare impresa
Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE

Monitoring Emotion: analisi semantica web, social, press

Monitoring Emotion

Oggi, il Web rappresenta una fonte imprescindibile di dati e informazioni, con un solo macroscopico problema: la quantità. Le imprese stanno investendo in modo consistente sul marketing Web e Social e si interrogano sul ritorno di questi investimenti. Monitoring Emotion mette insieme le competenze necessarie di Web e Social marketing con una tecnologia in grado di “distillare” le informazioni utili: quantitative – solo le informazioni che servono, e qualitative – le informazioni che consentono di decidere.

Monitoring Emotion è una piattaforma di ricerca semantica per l’ascolto e l’analisi in tempo reale del Web, della stampa e dei Social Media in Italia e all’estero. Consente il monitoraggio costante di tematiche industriali e sociali, di singoli attori e competitor. Aiuta a scoprire le best practice, consente di effettuare analisi di bench marking sui vantaggi competitivi di settore e produce sentiment analysis sulle opinioni del consumatore. Fornisce tutte le informazioni utili per individuare gli influencer della comunicazione e per effettuare strategie di risposta immediata e gestire situazioni di emergenza o di “crisi”. Con Monitoring Emotion infine è possibile misurare l’impatto delle proprie campagne e, se necessario, di modificarle in corso d’opera.

50 milioni di fonti Social, 50.000 siti Web, media e new media in 67 diverse lingue consentono a Monitoring Emotion di analizzare, incrociare e selezionare in chiave semantica, una grande mole di dati. Le informazioni presenti all’interno di siti, portali e banche dati oppure originate dalla comunicazione spontanea – blog, social network, forum – vengono lette profilando i fruitori di prodotti e servizi, il contesto in cui si trovano e operano, il comportamento e infine le loro stesse opinioni e emozioni. Con Monitoring Emotion si esce da una logica basata sulla semplice ricerca per parole chiave, sfruttando appieno algoritmi e correlazioni semantiche per comprendere la polarità positiva o negativa di ciò che viene detto e la loro rilevanza per l’organizzazione rispetto al contesto in cui opera.

Monitoring Emotion è un progetto nato in Condiviso, frutto di un accordo di partnership tra Words, Le Rive e Maps.

www.monitoringemotion.it
7 Febbraio 2017/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2017/02/terzo.jpg 600 600 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2017-02-07 17:48:552020-09-01 10:02:11Monitoring Emotion: analisi semantica web, social, press
Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE

Digital corporate communication

Digital Corporate Communication

DIGITAL CORPORATE COMMUNICATION/MONITORING EMOTION

RIFLESSIONI, STRUMENTI E SOLUZIONI PER LA COMUNICAZIONE D’IMPRESA OGGI

Giovedì 10 novembre – ore 17:30

Presentazione del volume “DIGITAL CORPORATE COMMUNICATION, le cinque leve della comunicazione d’impresa nell’era del web” (di M. Pecchenino, E.D. Arnese, FRANCO ANGELI, 2016) e di MONITORING EMOTION, strumenti di analisi semantica su web e social.

Una serata di riflessioni e approfondimento sulla comunicazione d’impresa al tempo del web. Si comincia con la presentazione del libro “DIGITAL CORPORATE COMMUNICATION, le cinque leve della comunicazione d’impresa nell’era del web” a cura degli autori che affronteranno il tema della comunicazione d’impresa a partire dalla 5 leve “classiche” (Relazioni Pubbliche, Marketing Diretto, Pubblicità, Promozioni e Sponsorizzazioni) declinate dal tradizionale al digitale, attraverso casi ed esperienze sia italiane che internazionali. Al centro del libro, c’è il rapporto tra professionista e tecnologie per Comunicare, in particolare dopo la rivoluzione digitale.

Si prosegue con la presentazione di “MONITORING EMOTION”, la piattaforma di ricerca semantica per l’ascolto e l’analisi in tempo reale del Web, della stampa e dei Social Media. Potente strumento per le imprese, consente un monitoraggio costante dei competitor rispetto agli argomenti analizzati, aiuta a scoprire best practice di settore in tempo reale, fornisce tutte le informazioni per creare una strategia comunicativa su misura.

Partecipano all’incontro:

  • Mauro Pecchenino, autore del libro. Consulente di Comunicazione d’Impresa, giornalista e docente universitario, autore di un’ampia letteratura sul tema
  • Eleonora Dafne Arnese, autrice del libro. Consulente di Comunicazione d’Impresa e ricercatrice
  • Sara Di Paolo, esperta di marketing e comunicazione, tra i fondatori di Monitoring Emotion

Riferimenti

DIGITAL CORPORATE COMMUNICATION, LE CINQUE LEVE DELLA COMUNICAZIONE D’IMPRESA NELL’ERA DEL WEB,  di M. Pecchenino, E.D. Arnese, FRANCO ANGELI, 2016

MONITORING EMOTION, strumenti di analisi semantica su web e social – www.monitoringemotion.it

26 Ottobre 2016/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2016/10/RAZZI1.jpg 709 703 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2016-10-26 15:52:432020-09-01 10:27:56Digital corporate communication
Cristiano Ghirlanda
MARKETING E COMUNICAZIONE

Sanilog, una strategia integrata

Sanilog

Sanilog è il fondo sanitario integrativo nazionale per il personale impiegato nel settore trasporti e logistica. In occasione della campagna di promozione dei servizi sanitari e odontoiatrici, coordinata in collaborazione con provider dei servizi tecnici FOS , CONDIVISO ha curato il restyling del logo e dell’immagine coordinata, la realizzazione del video promozionale e l’organizzazione di una serie di eventi in tutta Italia per la presentazione e promozione dei servizi.

Una strategia integrata di azioni e strumenti per comunicare efficienza, professionalità e servizi integrativi.

15 Giugno 2016/da Cristiano Ghirlanda
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2016/05/SANILOG-LOGO1.png 612 600 Cristiano Ghirlanda https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Cristiano Ghirlanda2016-06-15 10:57:282020-09-01 10:52:34Sanilog, una strategia integrata
Claudia Gandolfi
MARKETING E COMUNICAZIONE

Le facce di Condiviso

Condiviso

Guarda il video!

25 Febbraio 2016/da Claudia Gandolfi
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2016/02/condiviso_video.png 600 600 Claudia Gandolfi https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Claudia Gandolfi2016-02-25 18:56:402020-09-01 11:21:25Le facce di Condiviso
Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE

Il marketing territoriale

Il Marketing Territoriale

Un territorio competitivo è l’unica concreta possibilità di sviluppo economico. Per riuscirci bisogna puntare sulla diversità: proteggerla, promuoverla e renderla accessibile.

Il marketing territoriale è la capacità, di una città o un’area geografica, di diventare sempre più attrattiva per le imprese e per le persone. Si tratta dell’unica vera possibilità di sviluppo in un mondo sempre più competitivo e in grado di offrire suggestioni e incentivi di ogni tipo. Per fare marketing del territorio bisogna saper fare tre cose: proteggere la diversità, promuovere la diversità e rendere accessibile la diversità.

Proteggere la diversità significa conoscere e amare la tradizione dove questa fa cultura, dove è sedimento di saperi, di storia e di modo di vivere. Significa non accettare l’omologazione. Ma la difesa della “diversità” senza la sua “promozione”, significa isolamento, snobismo, decadenza. Se non la rendiamo “accessibile” ci separiamo dal dialogo fra i popoli e non cogliamo le opportunità di un mondo sempre più curioso e attento.

19 Luglio 2015/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2015/07/mkt-ter-feature.png 600 600 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2015-07-19 09:22:132020-09-14 12:47:27Il marketing territoriale
Sara Di Paolo
MARKETING E COMUNICAZIONE

Il marketing “dell’esperienza”

Il marketing dell'esperienza

Il prodotto non è più solo “tangibile”. C’è una parte intangibile e di narrazione che sta prendendo il sopravvento nelle decisioni del consumatore.

L’industria dei prodotti sta progressivamente saturando il mondo. Qualsiasi cosa è sempre più disponibile ovunque e in tante forme e con molte modalità di fruizione. Quando non possiamo “avere” possiamo comunque affittare, rateizzare, imitare, surrogare, virtualizzare.

La conseguenza di questa disponibilità è che nei consumatori emerge progressivamente una nuova domanda. Non “Cosa vorrei che ancora non ho?” quanto “Che esperienza mi manca?”. In altre parole da un approccio “per prodotto” (tangibilità) si sta passando ad un approccio “per cultura” (intangibilità). Si tratta di una situazione che capovolge il tradizionale rapporto tra azienda e cliente, una nuova frontiera del marketing management.

18 Febbraio 2015/da Sara Di Paolo
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2015/02/exp-feature.png 600 600 Sara Di Paolo https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Sara Di Paolo2015-02-18 15:27:422020-09-15 12:59:00Il marketing “dell’esperienza”
Cristiano Ghirlanda
MARKETING E COMUNICAZIONE

Cos’è Condiviso?

Condiviso

Una rete di aziende e professionisti che offre servizi alle imprese e a chi vuole trasformare un’idea in business. Un network multidisciplinare e internazionale capace di proporre soluzioni originali e servizi di alta qualità.

Una realtà all’avanguardia per organizzazione, metodologia e sede, portatrice di valore aggiunto per il territorio. Un luogo di contaminazione e sviluppo della creatività per chi è alla ricerca di un ambiente lavorativo stimolante.

Condiviso è nato da un percorso di progettazione allargata. Il nostro approccio imprenditoriale è fortemente dinamico: dalla interazione di molte professionalità nascono contenuti originali, collaborare a stretto contatto genera economie di scala e garantisce maggiore disponibilità di competenze, dialogare con il territorio permette di immaginare soluzioni efficaci, rimanere collegati con la dimensione internazionale ed europea in particolare ci consente di avere uno sguardo di ampio respiro sulle dinamiche innovative.

Condiviso è un laboratorio della co-economy.

7 Gennaio 2015/da Cristiano Ghirlanda
https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2015/10/Schermata-2015-10-07-alle-18.23.17.png 600 600 Cristiano Ghirlanda https://condiviso.coop/wp-content/uploads/2019/04/CONDIVISO_LOGOp.png Cristiano Ghirlanda2015-01-07 09:24:402020-12-24 16:53:28Cos’è Condiviso?

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