LA LUCE COME STRUMENTO ED ELEMENTO FONDAMENTALE DI RIGENERAZIONE URBANA

In Italia, sempre più in questi ultimi anni, si sente parlare di rigenerazione urbana e riqualificazione dello spazio urbano. Se ne parla come di un’urgenza da risolvere, come se improvvisamente ci si fosse accorti che gli spazi che l’uomo ha creato, non fossero più vivibili: pericolosi, senza un’anima, anonimi, freddi, angusti.

Esempi concreti ci mostrano, però, che a volte con una progettazione architettonica e urbanistica “illuminata” si è riusciti a creare luoghi a misura d’uomo, vivibili ed accoglienti anche di notte.

Kersalè Museè Quai Brandly   

Yann Kersalè, lighting designer

Jean Nouvel, architetto Museo QUAI BRANLY, Parigi, 2006 (foto fonte: YK office)

   

 Yann Kersalè, lighting designer

Rudy Ricciotti, architetto – MUCEM Marsiglia, 2013 (foto fonte: YK office)

Spesso ci troviamo ad ereditare non-luoghi, come li chiama l’antropologo Marc Augé, luoghi in cui le persone transitano, ma che nessuno abita. Le soluzioni, a cui si ricorre più frequentemente per risolvere questo problema, sono costituite da interventi di ristrutturazione, aperture di spazi deputati ad animare commercialmente l’area (quindi abitarla), abbattimento di edifici e, dulcis in fundo, integrazione dell’illuminazione pubblica sostituendo le lampadine con sorgenti a led e, magari, aggiungendo qualche lampione stradale. Si traduce, cioè, il concetto di mancanza di sicurezza in aumento di luce diffusa tramite lampioni: l’illuminazione, quindi, viene concepita come uno strumento e non come una dimensione dell’abitare la città, sia per i centri storici che per i luoghi periferici.

Di chi la responsabilità? Di amministratori poco preparati? O di progettisti che non si affidano a professionisti specializzati?

A mio avviso l’unica grossa responsabilità risiede nell’assenza di cultura della luce. Non siamo riusciti a farci influenzare abbastanza dai paesi europei che da anni portano avanti questa disciplina, anche se da qualche anno a questa parte, ad essere sinceri, qualche passo in più si sta facendo, prevalentemente nell’utilizzo della luce come elemento artistico decorativo presente in vari Festival della Luce (Torino, Livorno, Brescia e altri).

 

Luci d’Artista, Torino. (foto fonte: www.exibart.com, www.italybyevents.com)

 

Festival della Luce, Livorno.   (foto fonte: www.ilruspante.news)

Cidneon Festival, Brescia. (foto fonte: www.kel12circle.com)

Ho lavorato qualche anno in Francia, paese in cui mi sono formata sul campo. Ho imparato il mestiere di lighting designer, professionista che si occupa della progettazione dell’illuminazione. Una figura chiave, un elemento determinante per completare il progetto dell’architetto, dell’ingegnere, dell’urbanista, del paesaggista. Senza quella specifica professionalità ho sempre pensato che il progetto non potesse essere completo. Non potesse essere vivo di notte, al buio. Non potesse essere altro.

Il lighting designer deve progettare con gli architetti, deve contribuire da subito alla visione dei professionisti con cui collabora. Deve poter influenzare il progetto.

Lo studio consapevole e quindi l’utilizzo della luce attribuiscono un valore aggiunto al progetto, permettendo ai luoghi di essere rigenerati. Volendo, esclusivamente con la luce, possiamo occuparci di rigenerazione urbana. Possiamo riappropriarci dei nostri non-luoghi.

Ma quando parlo di studio della luce non parlo di lampioni stradali. Parlo di valorizzazione del patrimonio storico che permette, di riflesso, di ridisegnare i percorsi della città. Parlo di luci di accento, parlo di illuminazione scenografica.

Parlo di scenografia luminosa dello spazio urbano. Sicuramente più semplice da realizzare in contesti ricchi di patrimonio storico o architettonico, più difficile in spazi urbani periferici dove difficilmente si trovano elementi interessanti da valorizzare. Ma un preparato lighting designer sa comunque come intervenire, eventualmente aggiungendo elementi che possano arricchire il paesaggio urbano.

 

Yann Kersalè, lighting designer, Dock’s Saint Nazaire, 1992

rigenerazione dell’ex base sottomarina e area portuale dismessa.  (foto fonte: YK office)

 

Studio Lightdesign, lighting design, Tokyo, 2014

rigenerazione tetto in periferia a Tokyo. (foto fonte: www.lightdesign.jp)

 

Giovanna Bellini, progetto illuminazione Pescherie, Mantova, 2016 (foto: www.bibliotea.teaspa.it)

   

LightandDesign, lighting design, Derry Londonderry, Irlanda del Nord. Valorizzazione del patrimonio storico.

(foto fonte: www.lightanddesign.co.uk )

Sono fortemente convinta che, grazie all’utilizzo delle più avanzate tecnologie e ad una attenta e consapevole progettazione, messa in sicurezza e facilitazione dei flussi pedonali all’interno delle città, si possa raggiungere progressivamente lo scopo di una rigenerazione urbana duratura, volta alla valorizzazione del patrimonio culturale inteso non solo come corpus di beni materiali, ma anche e soprattutto come percorso esperienziale.

Bisogna entrare nell’ottica che lo studio consapevole dell’illuminazione delle nostre città è e deve essere un’urgenza. Per non perderci nell’oblio di spazi che non ci appartengono.

Inoltre credo che la progettazione della luce non debba essere solo delegata al progettista, ma debba essere vista come un percorso che riguarda la collettività, quella stessa collettività che usufruisce degli spazi. Prendersi cura di un’area degradata tramite interventi attenti e minuziosi genera un nuovo attaccamento ai luoghi da parte di chi quei luoghi abita, generando e incentivando comportamenti virtuosi di presa in cura dello spazio di riferimento.

Una mirata e condivisa progettazione focalizzata sugli spazi aperti può essere elemento trainante di questo processo di cambiamento, di un nuovo modo di leggere e “usare” una parte di città.

Si deve migliorare l’illuminazione dei percorsi pedonali, progettando la luce come integrazione dell’attuale illuminazione pubblica, con l’obiettivo di migliorare la percezione degli spazi ed esaltarne le caratteristiche.

In questo modo si otterrà un impatto sociale, di trasformazione di luoghi sottoutilizzati attraverso interventi di rigenerazione urbana che partono anche dal basso, da esigenze concrete scaturite da analisi, discussioni, studi, workshop realizzati sul territorio.

Come diceva Ugo La Pietra bisognerebbe pensare a come far sentire le persone “a casa propria” anche la notte, attraverso un progetto adeguato della luce.

 

AUTRICE: Stefania Toro, lighting designer, fondatrice di Condiviso cooperativa consortile, membro del direttivo di ADI Liguria e di Women in Lighting Italia.